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ASCOLI CAPITALE DELLA CULTURA, RIFLESSIONI E PROPOSTE DI ITALIA NOSTRA

ASCOLI CAPITALE DELLA CULTURA, RIFLESSIONI E PROPOSTE DI ITALIA NOSTRA

L a Sezione di Italia Nostra esprime la più viva soddisfazione per la decisione  di proporre la candidatura di Ascoli quale Capitale della Cultura per il 2024 e per la costituzione di una  comitato  composto da personalità di grande competenza e prestigio che , ne siamo certi , saranno in grado di elaborare una progetto di grande spessore per concorrere con possibilità di successo nella impegnativa sfida.

E’ peraltro augurabile che  sia assicurato il coinvolgimento, nella modalità che si riterrà  opportune, delle Associazioni Culturali  cittadine , del mondo della scuola ed in particolare di quello universitario, per l’elaborazione in maniera concorde di ipotesi progettuali in grado di rendere veramente competitiva la candidatura della città.

La Sezione di Itala Nostra si permette , nello spirito collaborativo e propositivo , che da sempre contraddistingue la sua attività, di formulare alcune considerazioni   con l’indicazione di alcune ipotesi progettuali che è sperabile vengano prese in considerazione almeno come  suggerimenti .

E’ da ritenersi, in primo luogo, che  una ipotesi progettuale  per risultare vincente non si debba  limitare alla indicazione delle   tante e pur pregevoli  testimonianze artistiche ed   architettoniche  di cui la città e il territorio sono ricchi. Né ad elencare le tante e  variegate manifestazioni che nel corso di ogni anno  vengono proposte e realizzate.  A parere della Sezione si dovrà invece  individuare  un elemento unificante  di tutto ciò che si propone che valga a definire  una immagine , una finalità , una prospettiva che distingua e qualifichi la città come un modello da prendere come  un esempio virtuoso  delle modalità di   risposta alle sfide di un mondo in rapida trasformazione, di come si possano superare   le criticità prodotte dalla pandemia che ha colpito il mondo intero e cosa occorre fare per ridare vitalità alle aree interne  del nostro territorio in una condizione di grave deprivazione demografica,    economica e sociale,  aggravata  per giunta  ,per le aree interne del Centro Italia,  dal verificarsi degli eventi sismici.

Quindi , a parere della Sezione, non sarà sufficiente basare la candidatura sulle eccellenze del patrimonio artistico, architettonico, urbano e naturalistico o sulle bontà delle manifestazioni, pur di rilievo, che  già distinguono il panorama culturale delle città. Si dovrà, invece,  indicare quale  cultura  possa porsi come volano per invertire il senso di marcia  e avviare un processo virtuoso di sviluppo responsabile, solido e duraturo.

A riguardo si deve, infatti,  rilevare che la presenza degli  elementi pur pregevoli ed importanti presenti  ,  non hanno evitato che si  producesse  per la parte interna del nostro territorio ed in particolare per il prestigioso centro storico della città  un processo drammatico di perdita di ruolo, una progressiva  deprivazione demografica , economica e sociale e  una grave  desertificazione  delle attività commerciali.

E certamente non ha  ridotto se non in termini residuali la gravità del fenomeno un certo incremento  del turismo di tipo escursionistico, che non ha determinato  una sostanzia inversione del senso di  marcia dell’inquietante fenomeno.

A riguardo è sufficiente  constatare la chiusura  di tanti esercizi commerciali, l’abbandono e il degrado di  palazzi nobiliari di grande pregio ( basti pensare, per esempio, al grandioso Palazzo Saladini Pilastri ).

Ma  il fenomeno che in maniera  più drammatica  conferma  questo fenomeno è la presenza di un numero rilevate di edifici di culto ( in una nostra nota ne indicammo circa 25) in condizione di abbandono, di uso incongruo e comunque non più fruiti da una comunità che  in realtà non è  più presente nel centro storico.

La candidatura di Ascoli quale capitale della Cultura deve essere una occasione per affrontare queste vitali problematiche in maniera innovativa .

Deve tradursi , cioè, nella individuazione di quale  cultura possa diventare  il volano che permetta la rivitalizzazione della città, del suo centro storico ed insieme delle aree interne del Piceno.

La Sezione ritiene che  il progetto da elaborare debba tendere al conseguimento di questi obiettivi:

Rivitalizzazione, rinascita, resilienza, ricostruzione, rinnovamento .

E che , per raggiungere questi obiettivi esaltanti, si debba  elaborare  un progetto che miri alla Valorizzazione Sistemica di Tutte le Testimonianze di Civiltà della Città e del Territorio, da quelle urbane a quelle artistiche, a quelle architettoniche, a quelle naturali e paesaggistiche, a quelle artigianali sino a quelle delle tradizioni.

Da tempo, come è noto, la Sezione  ha elaborato in proposito delle concrete proposte  e nell’ambito del Progetto del Distretto delle Risorse e Testimonianze di Civiltà delle Terre della Primavera Sacra e della Riviera delle Palme ha proposto la realizzazione di Dieci Parchi Culturali ed Ambientali.

Alcuni di questi Parchi riguardano proprio la città di Ascoli indicata , in maniera evocativa, come Giardino di Pietra.

Un altro Parco , proposto in maniera esemplare da un gruppo di lavoro coordinato dall ‘ing, Stefano Odoardi  è stato  indicato come Parco della Nuova Montagna dei  Fiori. A questi vanno aggiunti i Parchi dei Sistemi Fluviali del Fiume Tronto e del Castellano, quello della Montagna dell ‘Ascensione, dei Calanchi e dei Geositi , e l’altro della  Ville Nobiliari Picene.

Nella elaborazione del Progetto per la candidatura della città e del territorio sarebbe auspicabile che si  prenda spunto almeno da qualcuna  delle tante nostre proposte.

In particolare vorremmo segnalare quella che individua nella realizzazione di laboratori o botteghe , magari da sistemare nelle chiese chiuse al culto o nei tanti numerosi edifici di qualità di cui la città è ricca, uno degli elementi  caratterizzanti l’ipotesi progettuale,  per privilegiare, in questo modo, lo sviluppo del turismo della conoscenza e degli scambi culturali.

Peraltro estendendo la realizzazione dei laboratori anche al territorio contiguo alla città, dal Colle San Marco alla Montagna dei Fiori; dalla Montagna dell ‘Ascensione al sistema dei Corsi d’acqua che circondano la città sino alle prestigiose Ville Nobiliari ancora presenti nella Valle del Tronto : per realizzare percorsi alla scoperta degli angoli naturalistici, dei paesaggi di stupefacente fascino e  della tradizionali colture agrarie e di nicchia che ancora la sapienza la sapienza e l’amore di antichi coltivatori continuano  a tenere vive.

Tutto ciò permetterebbe di presentare  una cultura del territorio viva, responsabile, coinvolgente, solida e duratura che sicuramente potrebbe creare le condizioni per una  esisto positivo della gara concorsuale.

Il Presidente della Sezione   (Prof. Gaetano Rinaldi )

di seguito il testo della Proposta per la realizzazione del Parco Culturale ed Ambientale di Ascoli                           “GIARDINO DI PIETRA “

 

DISTRETTO DELLE RISORSE E DELLA TESTIMONIANZE DI CIVILTA’ DELLE TERRE DELLA PRIMAVERA SACRA E DELLA RIVIERA DELLE PALME.

UN PROCESSO MODULARE

I PARCHI CULTURALI ED AMBIENTALI. 

PARCO CULTURALE ED AMBIENTALE DELLE VILLE NOBILIARI PICENE. 

PARCO DELLE TORRI, DEGLI ORTI MURATI, DEI CHIOSTRI, DELLE CHIESE, DELLE PIAZZE E DELLE RUE DI ASCOLI, GIARDINO DI PIETRA.

Il Distretto delle Risorse e Testimonianze di Civiltà delle Terre della Primavera Sacra e della Riviera delle Palme : un processo modulare. 

La proposta dei dieci Parchi Culturali ed Ambientali.

Il Distretto delle Risorse e delle Testimonianze di Civiltà del Territorio : le difficoltà di un processo sistemico

Gli ostacoli che si frappongono alla realizzazione del progetto completo di un Distretto delle Risorse del Territorio sono evidenti. Per essere pronti ad una visione di tipo sistemico che miri ad una vera e propria rivoluzione delle modalità di gestione delle risorse del territorio, bisogna abbandonare i sentieri degli interventi episodici, puntuali e scoordinati e sostituirli con altri inseriti in una cornice che ne definisca i contorni all’interno di un'architettura dal disegno preciso, con chiara indicazione degli obiettivi finali.

Una simile scelta appare particolarmente complessa e richiede un impegno di lungo periodo, con modalità di realizzazione che contrastano con i modelli di comportamento dei nostri amministratori pubblici, che preferiscono azioni non complesse e di rendimento immediato, sovente effimere.

Una ulteriore difficoltà di realizzazione della proposta è rappresentata dalla asserita mancanza di risorse da destinare agli indispensabili “studi di fattibilità”. Siamo consapevoli che, anche in casi in cui essi siano stati effettuati, arrivando talvolta a una fase di effettiva realizzazione del Distretto delle Risorse e delle Testimonianze di Civiltà del Territorio, il processo ha poi subito interruzioni più o meno gravi, talvolta fino alla chiusura dell'esperimento.

Cosa fare di fronte a questo stato di cose?

Conviene abbandonare la partita e pensare ad altro ?

Oppure conviene adottare delle diverse strategie che consentano di aggirare gli ostacoli, porgendo man mano dosi parziali di proposte, in modo da non impaurire con un disegno troppo complesso ed avveniristico soggetti non pronti a sopportare una “cura”  troppo pesante?

La strategia dei moduli.

Una risposta  a questo dilemma può venire dalla strategia dei “moduli”.

Delineata la cornice programmatica complessiva, si tratta di individuare una serie di moduli che affrontino  problematiche specifiche in modo meno complesso ed impattante.

Questa strategia agevolerebbe, di volta in  volta, l’interesse e la partecipazione attiva dei diversi “portatori d’interesse”, dagli operatori economici agli artigiani, dai professionisti agli studiosi coinvolti.  Si creerebbe così una massa d’urto di forza adeguata, in grado di rompere le resistenze, o  meglio, il muro di gomma delle amministrazioni e dei temporanei reggitori della cosa pubblica.

Si otterrebbe inoltre, con l’uso di efficaci campagne di stampa, il progressivo coinvolgimento di tutta la comunità, spinta a partecipare alla formulazione di proposte  concretamente realizzabili. In questo momento di progressivo “oscuramento della ragione”, la presenza di atteggiamenti propositivi assumerebbe un sano valore “didattico”.

I moduli da analizzare con accortezza e con progettualità efficace sono numerosi e più o meno complessi. Proponiamo solo alcuni esempi:

  • rigoroso “ recupero e restauro ambientale ed urbano”, con definizione delle caratteristiche del “ sistema dei beni artistici, monumentali ed archeologici” e del paesaggio agrario

  • valorizzazione del settore agro-alimentare e dell’enogastronomia

  • sostegno all’artigianato, da collegare ai vari comparti economici e produttivi

  • effettiva messa a sistema del comparto turistico, con le modalità più efficaci di promozione dell’immagine o “ brand” del Distretto.


In prima battuta si dovrà evitare di affrontare problematiche che per la loro complessità richiedano un impegno eccessivo o improponibile nelle condizioni attuali (si pensi ad es. al problema del rigoroso rispetto del principio della “tutela” o alla complessità della realizzazione di un progetto che si proponga soluzioni di tipo sistemico).

Proposte meno impegnative e più facilmente accettabili creerebbero un humus progressivo di consenso e contribuirebbero a rompere il muro delle resistenze corporative, delle rendite di posizione e speculative e delle abitudini del quieto vivere.

Questa sarebbe una strategia di aggiramento in una guerra di posizione e di trincea, in cui le posizioni nemiche vengono prese per sfinimento  e per diserzione. Bisogna aiutare la gente ad abbandonare vecchie abitudini consolidate e a comprendere quali siano i veri legittimi interessi e quali le effettive convenienze. 

Un primo esperimento: la realizzazione di Dieci Parchi Culturali ed Ambientali.

Il primo “ modulo”  da prendere in esame è quello che prevede la realizzazione di dieci  “ Parchi Culturali ed Ambientali” nel Distretto delle “ Terre della Primavera Sacra” e della Riviera delle Palme .

Questo progetto mira ad individuare i valori di una serie di realtà presenti nel territorio piceno che, pur dotate di grande fascino, risultano poco valorizzate ed in alcuni casi addirittura sconosciute agli stessi residenti.

Per individuare le forme di intervento da adottare per una valorizzazione compatibile ed intelligente delle risorse e dei valori dei Parchi individuati, si può prendere come  riferimento quanto realizzato in Toscana per il Parco della Val di Cornia.

Qui  le Amministrazioni Locali, dopo aver individuato le risorse  e le emergenze  naturalistiche, archeologiche, minerarie presenti nel territorio, hanno approvato un piano che, nel rispetto dei principi della tutela, conservazione e compatibile fruizione, ha consentito una valorizzazione eccezionale del territori, favorendo un interessantissimo sviluppo del turismo di qualità e la creazione di un  numero notevole di posti di lavoro.

Per la gestione dei 6 Parchi creati è stata costituita una Società pubblico-privata, partecipata dagli enti locali.

Il bilancio, che si è chiuso con un limitato passivo nei primi anni di attività ( passività ripianate degli enti locali), è poi giunto al pareggio e talvolta all’attivo.

L’aspetto più interessante dell’esperienza è rappresentata dal fatto che l‘adozione di questo progetto ben formulato, ha consentito di utilizzare i finanziamenti di fonte comunitaria, favorendo la conservazione dell’integrità di un territorio dotato di un fascino irripetibile, quindi sviluppo di un turismo sostenibile, buona occupazione e tutela del territorio.

I valori del territorio piceno  presentano indiscutibilmente delle positività analoghe a quelle che hanno consentito il riuscito esperimento della Val di Cornia ma manca da noi un analogo impegno delle amministrazioni locali volto al perseguimento degli stessi risultati.

Si continua  cioè a fare i soliti interventi puntuali e sovente effimeri e si rifugge da quelli di tipo sistemico che richiedono un impegno di lungo periodo, che producono risultati sicuramente migliori, favoriscono la creazione di nuova occupazione, ma il tutto non in maniera immediata.

Le modalità d’intervento per la proposta realizzazione dei dieci  Parchi.

Nel rispetto dei fondamentali principi della “tutela, conservazione e compatibile fruizione e della generazione di nuova cultura per la società della conoscenza, della creatività, della innovazione  e della tolleranza ”, il nostro impegno deve tendere preliminarmente all’approfondimento della conoscenza dei valori e delle emergenze dei dieci parchi realizzabili nelle Terre della Primavera Sacra e della Riviera delle Palme, con l’obiettivo finale della valorizzazione delle loro risorse più significative.

Questi i passi da compiere in progressione:

  • predisporre una sorta di “ Cornice” che delimiti le  modalità di intervento più efficaci e gli obbiettivi da raggiungere

  • individuare tutte le risorse presenti nel territorio

  • indicare le modalità più virtuose delle forme di recupero , restauro e conservazione

  • precisare le modalità che ne consentano una intelligente e compatibile fruizione nell’ambito di un turismo di qualità e di conoscenza  e non di sterile e veloce escursionismo, in modo da favorire  un reale aumento dell’occupazione, specie giovanile

  • prevedere la realizzazione di itinerari con adeguata segnaletica, punti di ristoro e pernottamento, la creazione di circuiti con l’indicazione delle strutture di accoglienza già presenti nel territorio, il coinvolgimento delle guide e delle cooperative già esistenti per una efficace assistenza dei


E’ chiaro che l’attività di Italia Nostra dovrà necessariamente limitarsi in prima battuta alla sola attività di studio e proposta, auspicando che, di fronte alla formulazione di proposte concrete e stimolanti, le  Amministrazioni Locali  si vedano costrette  a dare una risposta positiva, anche in considerazione  della possibilità di usufruire dei fondi regionali e comunitari predisposti per queste forme progettuali.

L’obiettivo finale sarà quello della costituzione di una Società pubblico-privata, partecipata da tutti gli enti locali del territorio in cui sono compresi i Parchi proposti, che gestiscano la complessità del progetto,  favoriscano la partecipazione ai Bandi Regionali e Comunitari e permettano l’utilizzazione di tutte le risorse possibili per  una proficua attività di promozione, in modo da coinvolgere i soggetti più dinamici ed innovativi presenti nell’area, a partire dalla Associazioni Culturali e di Tutela disposte da sempre a fornire la loro collaborazione a titolo gratuito  e nello spirito di puro volontariato.

I dieci Parchi proposti sono i seguenti, tenendo presente che sono possibili variazioni nelle modalità con cui essi vengono indicati:

  • Parco degli Eremi, del Colle S. Marco e della Montagna dei Fiori;

  • Parco dell’ Ascensione, dei calanchi e dei geo-siti;

  • Parco delle Aste fluviali del Tronto , del Castellano e del Tesino;

  • Parco delle Ville Nobiliari Picene;

  • Parco del Sistema Collinare Piceno;

  • Parco delle Terre del Tartufo;

  • Parco dei Borghi, dei Sentieri e delle Oasi Naturalistiche, dei Rilievi del Sistema Montano Piceno;

  • Parco delle Torri, degli Orti Murati, dei Chiostri , delle Chiese, delle Piazze e delle Rue di Ascoli, giardino di pietra.

  • Parco del Balcone Panoramico della Costa della Riviera delle Palme.

  • Parco della Riviera delle Palme.



  • Ipotesi di lavoro per la realizzazione del Parco delle Ville Nobiliari Picene.


Probabilmente il Parco la cui ideazione presenta un minore grado di complessità è quello indicato come Parco delle Ville Nobiliari Picene e  quindi, a puro titolo di esemplificazione del lavoro che andrà svolto per gli altri Parchi, si tenterà di dedicare proprio a questo Parco la nostra attenzione, con un’analisi dei valori in gioco, delle modalità di fruizione e valorizzazione, delle potenzialità presenti.

Va preliminarmente fatta una premessa.

Nel territorio Piceno, lungo tutta la Valle del Tronto con prosecuzione sulla costa della Riviera delle Palme sino  a Pedaso e oltre, è presente un numero veramente considerevole di Ville Nobiliari, utilizzate dei legittimi proprietari sia come luogo di villeggiatura sia come struttura dove presiedere all’attività agricola esercitata sui vasti e fertili terreni al cui centro  la villa era ubicata.

In genere le Ville  erano costruite in una posizione elevata su poggi di mezza collina. Le costruzioni, per lo più di notevole pregio architettonico, erano circondate da un  giardino all’italiana con essenze locali ed esotiche, prati,  viali, statue e fontane, al di là del quale si estendevano i terreni coltivati con cura sapiente, un vero e proprio altro giardino, che giungevano sino alle rive del Fiume Tronto nella zona valliva e sino alle luminose spiagge adriatiche nella parte costiera.

Una proliferazione edilizia indiscriminata ha modificato in maniera quasi irreversibile questo universo di bellezza ed antica civiltà.

Nella Valle del Tronto buona parte dei terreni agricoli che si estendevano dalle ville sino alla parte piana della Valle e da qui sino alle rive del Tronto sono state progressivamente coperte da capannoni industriali, case e villette di civile abitazioni, strade e superstrade.

Analoga la situazione nella parte costiera dove sono presenti solo  ville residuali che la progressiva aggressione edilizia ha  fatto scomparire quasi del tutto, insieme al magico ed esuberante manto dei parchi e giardini  che esaltavano il profilo di un paesaggio lussureggiante e luminoso.

Anche in questa caso quelle rimaste devono fare il conto con un’edilizia di bassa qualità che ne opprime l’elegante profilo con la propria presenza disarmonica ed ossessiva.

Pure stante questo panorama non certamente edificante, conta impegnarsi in un azione di tutela, conservazione e riqualificazione del patrimonio superstite che rimane ancora quale una ricca e stupefacente testimonianza di una cultura e di una memoria storica che va assolutamente conservata  e tutelata.

  • Come primo atto di questo impegno si dovrà provvedere ad individuare la consistenza numerica delle ville  ancora presenti nella Valle del Tronto e lungo la costa. Allo scopo potrà essere utile attingere i dati dalla pubblicazione dedicata al tema dalla Provincia di Ascoli Piceno. Nel volume “Le Ville del Piceno”, ricco di un pregevole apparato fotografico, sono pubblicate  anche le schede che documentano la storia delle costruzioni, i valori architettonici, le vicende che ne hanno contraddistinto la vita.

  • Seguirà una indagine sul campo, interpellando le amministrazioni comunali nel cui territorio sono presenti le ville, per definire con esattezza lo stato dell’arte attuale, predisponendo una appropriata scheda con  i dati più significativi relativi ad ognuna delle stesse: nome della villa, proprietà, tipo di utilizzazione, stato di conservazione, valore architettonico, anno di costruzione e autore della costruzione, adeguato apparato fotografico dell’edificio e dell’ambiente circostante con particolare riferimento alla presenza o meno del giardino all’italiana contiguo alla costruzione e allo stato di conservazione dell’area agricola su cui il relativo proprietario un tempo svolgeva l’attività imprenditoriale agricola.

  • Definita la consistenza di questo pregevole ed irripetibile patrimonio si potrà finalmente passare alla fase successiva, per indicare le modalità più efficaci di valorizzazione basando le proposte sui principi che qualificano la filosofia dell’idea di Distretto Culturale e cioè “tutela, conservazione, fruizione, creazione di nuova cultura per la società della conoscenza, della innovazione e della tolleranza”. Il primo atto dovrà tendere al coinvolgimento delle amministrazioni locali e della Soprintendenza ai Beni Architettonici e del Paesaggio delle Marche per la Dichiarazione di tutte le  ville e dei giardini contigui alla stesse quali Beni Culturali ai sensi degli Art. 10  del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio. Questo riconoscimento appare  fondamentale per assicurare la salvaguardia e tutela di questo ricco patrimonio, per favorirne la conservazione, per consentirne una utilizzazione compatibile ed  una eventuale fruizione anche collettiva.


A quest’ultimo proposito si deve tener conto del fatto  che le ville ancora presenti nel territorio sono in buona parte occupate dai proprietari, che per lo più non ne consentono, almeno per il momento, la visita o una forma qualsiasi di fruizione pubblica.

Alcune, invece, sono state destinate dai proprietari ad attività di carattere pubblico, quali per esempio alberghi, ristoranti, strutture per convegni e per matrimoni, con l’esercizio di un tipo di attività che comporta automaticamente una forma di fruizione pubblica del bene.

Si deve peraltro tenere presente che in alcuni casi, e a riguardo è esemplare il caso della Villa Rambelli a San Benedetto del Tronto, le ville sono di proprietà degli enti locali che, venuti in possesso del bene con l’obbligo di destinarlo a funzione pubblica, lo hanno invece abbandonato all’incuria e alla progressiva a distruzione, privando la propria comunità della possibilità di poter godere ed usufruire di un patrimonio di grande valore.

L’indagine effettuata consentirà di valutare, caso per caso, lo stato dell’arte, quello che è possibile o necessario fare, cosa evitare per  non permettere che un bene vada perso definitivamente.

Definita così la geografia delle ville e dei giardini, al di là dell’uso e della fruizione diretta del bene, che andrà valutata caso per caso con coinvolgimento dei singoli proprietari nei modi che verranno indicati in maniera più analitica più avanti, si dovranno prioritariamente creare le condizioni per una fruizione almeno visiva di tutte le ville, predisponendo la creazione di un grande percorso  che metta in rete tutte le ville ed i parchi, interrompendo immediatamente tutte le forme di proliferazione edilizia capaci di creare ulteriori ostacoli fisici alla realizzazione di questo percorso visivo, con l’obiettivo a lungo termine di realizzare un vero sentiero pedonale  di collegamento tra tutte le ville  esistenti.

Per quanto riguarda la fruizione diretta dei beni, non si presenteranno problemi particolari per quelli già destinati allo svolgimento di attività che presuppongono la presenza del pubblico, nella qualità di clienti di un pubblico esercizio.

In questo caso si potranno individuare particolari modalità di visita, l’ organizzazione di eventi (concerti, conferenze, attività teatrale, stage etc ).

Più complessa la situazione per le ville occupate dai proprietari. Anche in questo caso peraltro si potranno prevedere delle premialità di ordine fiscale o altre forme di finanziamento per attività di recupero e manutenzione, onde permettere modalità non invasive di visita, svolgimento di attività confacenti e magari per creare un circuito di residenze di charme per favorire lo sviluppo di un turismo di  alta qualità, come quello che già promuove la Principessa Panichi nella splendida Villa di Castel di Lama.

Quindi un tema da approfondire e riempire di contenuti e un esempio di modalità di lavoro anche per affrontare le problematiche degli altri parchi proposti.

Da non sottovalutare, inoltre, il problema del soggetto o dei soggetti che dovranno presiedere e guidare l’avvio di questo rivoluzionario processo.

Converrà copiare l’esempio della Val di Cornia  e costituire una sola Società Pubblico-Privata per la gestione di tutte gli otto parchi oppure, più semplicemente, prevedere una struttura che si dedichi all’approfondimento delle problematiche connesse all’avvio degli esperimenti relativi ai singoli Parchi realizzabili e proposti ?

La soluzione migliore sarà individuata sul campo al termine della individuazione della reale consistenza delle risorse e dei beni utilizzabili, dell’interesse mostrato per le proposte dalle amministrazioni locali  e dai portatori d’interesse, comprendendo tra questi in primo luogo i proprietari dei beni, dalla presenza o meno di fondi utilizzabili, pubblici o privati, regionali o comunitari.

Insomma una variegata ed impegnativa  serie di sfide ed opportunità che non deve indurci ad un atteggiamento rinunciatario e pessimistico, bensì deve esaltare ulteriormente la nostra volontà di prefigurare per il paese che amiamo l’avvio di un nuovo modello di sviluppo, non più basato sulla distruzione del paesaggio, dei beni culturali, delle nobili tradizioni antropiche, di ogni memoria storica, bensì su un  coerente progetto di “tutela, conservazione e compatibile fruizione”.

2- Il Parco Culturale ed Ambientale di Ascoli, giardino di pietra.

Premessa.

Dopo la relazione dedicata al Parco delle Ville Nobiliari Picene, appare opportuno fare un altro sforzo e dedicare la nostra attenzione al Parco di Ascoli, giardino di pietra,  per tentare di indicare le strategie più efficaci  in grado di favorire l’ effettiva valorizzazione di risorse di grande valore, in atto già per lo più già fruibili, senza peraltro che questa condizione abbia permesso il conseguimento di risultati strabilianti sul versante della promozione di un Turismo di qualità e comunque tali  da assicurare una spinta sostanziale allo sviluppo economico della città e  da favorire un solido e percepibile aumento della occupazione specie giovanile.

Deve  certamente riconoscersi che negli ultimi anni si è verificato un certo aumento del numero dei visitatori, rispetto a quello veramente esiguo degli anni precedenti. Pur preso atto di questo andamento positivo degli arrivi, si deve peraltro convenire che i numeri non sono stati tali da determinare una spinta determinante allo sviluppo economico del territorio.

Se è vero, infatti, che il fattore turismo può assumere una valenza positiva sul versante dell’incremento delle entrate immediatamente percepibile sul conto economico di un territorio solo se si è in presenza di un numero di visitatori di almeno 400 mila unità, per Ascoli questa traguardo non si è ancora raggiunto. Questa affermazione trova una conferma nel fatto che non risulta ancora aperto un solo  negozio di souvenir riservato ai turisti. Evidentemente questa mancanza è il segnale evidente della non economicità di una simile apertura. Diversamente, infatti, gli operatori economici del territorio, sempre attenti al mutare delle condizioni del mercato, avrebbero  compreso il nuovo clima della città e avrebbero dato una risposta alle nuove esigenze manifestatesi.

Altra prova indiretta  è quella del numero di visitatori ai Musei della Città: alcune variazioni in  positivo, peraltro non di rilievo eclatante.

Eppure bisogna riconoscere che ormai è nota la bellezza della città, tutti ne parlano bene, la indicano come una delle città d’arte più preziose, ma, all’atto pratico, i numeri sono quelli che sono.

Basta oltrepassare la catena dei monti Sibillini e giungere a Norcia per constatare come il movimento consistente di visitatori abbia determinato un vero e proprio stravolgimento dell’immagine della città e delle attività commerciali, anche se con effetti non sempre positivi.

Niente di tutto ciò ad Ascoli, che pure per la notevole estensione del suo centro storico avrebbe ben altre capacità di reggere l’impatto prodotto da un aumento consistente del numero di visitatori.

Dobbiamo chiederci quindi quali siano i reali motivi che determinano questo fenomeno: perché una città, che pure tutti dicono e riconoscono bella, ricca di monumenti, inserita in un contesto ambientale di raro pregio, attiri un numero di visitatori non eccessivo e non tali comunque da determinare un vigoroso sviluppo delle attività economiche collegate al fenomeno turistico ?                      ( Sviluppo delle attività commerciali, produzione  e smercio di articoli da regalo e di souvenir, ampliamento degli esercizi di ristorazione, di alberghi- si tenga presente al riguardo che la città in atto è ancora priva di un hotel in grado di ospitare un gruppo turistico in visita di una certa consistenza-, di molte guide abilitate, di servizi di accoglienza e quant’altro).

In una conferenza dedicata al tema, organizzata dalla Sezione, fu fatto presente che probabilmente per spiegarsi questo fenomeno non positivo, si doveva tener presente che Ascoli , certo non per sua colpa,  è ubicata in una zona periferica rispetto alle località che da sempre fanno parte degli itinerari che  attirato visitatori provenienti da tutto il mondo sin dall’epoca del Grand Tour ( Venezia, Firenze con la Toscana , l’Umbria, Roma , Napoli e Pompei, e , per alcuni, la Sicilia). Ascoli era ed è fuori da questo itinerario.

Fu anche fatto presente che, al di là dell’itinerario del Grand Tour, una località poteva diventare meta comunque di grandi numeri di visitatori, se dotata di una di queste caratteristiche: avere un monumento eccezionale che una volta nella vita bisogna ammirare (e si faceva al riguardo l’esempio della Piazza dei  Miracoli e della Torre Pendente di Pisa), avere un personaggio eccezionale in grado di richiamare moltitudini di fedeli (e si faceva al riguardo l’esempio di San Pio a San Giovanni Rotondo), ospitare un evento eccezionale ( e si faceva in questo caso l’esempio del Festival dei Due Mondi a Spoleto).

Ascoli è priva di un monumento eccezionale ed unico, non ospita un personaggio eccezionale, non organizza un evento eccezionale, oltre a non essere inserita nel circuito o itinerario che da sempre attira visitatori da tutto il mondo.

Bisogna allora darsi per vinti e accettare passivamente questa condizione ?

Certamente no. Bisogna , però, avere la capacità di essere innovativi, di pensare in grande e di volere realmente valorizzate le tante risorse di cui il territorio ascolano e piceno è ricco.

Ascoli, un “ Giardino di Pietra”

Bisogna cioè decidere una volta per tutte di far diventare il pregiato centro storico della città come un fantastico ed unico “giardino di pietra” da utilizzare come un strabiliante laboratorio capace di attirare durante tutto l’anno un numero sempre più grande di visitatori attratti da offerte innovative per lo sviluppo del turismo della qualità e della conoscenza.

Quindi non numeri stratosferici di visitatori “mordi e fuggi” che mai abbandoneranno i consueti itinerari  e che oltre tutto produrrebbero un effetto negativo sulla identità del territorio, creando il fenomeno del cosiddetto “ inquinamento turistico”, bensì visitatori che intendano entrare in un proficuo rapporto di scambio culturale con la città e il suo territorio per offrire qualcosa e ricevere altro in cambio.

Un numero più limitato , che normalmente è composto da soggetti con maggiore capacità di spesa, che permangono più tempo come ospiti e naturalmente per questo motivo contribuiscono ad una rilevante aumento delle entrate con effetti benefici sullo sviluppo economico del territorio e sull’occupazione  in particolare di quella giovanile.

Senza dimenticare naturalmente l’effetto positivo che si riflette sul livello culturale della comunità costretta ad entrare in una relazione proficua con soggetti di un livello culturale di indubbio spessore.

E’ evidente che questa innovativa impostazione di valorizzazione del centro storico e del territorio contiguo potrebbe rivelarsi come una aiuto e una spinta fondamentale per l’eventuale accoglimento della domanda per l’inserimento del Centro Storico di Ascoli nella Lista dei Beni Patrimonio dell’umanità dell’Unesco. Peraltro, anche se questo riconoscimento non  dovesse mai esser concesso,  gli effetti positivi prodotti da una più intelligente ed accorta utilizzazione delle risorse culturali del territorio sarebbero comunque rilevanti e gli effetti positivi sarebbero sicuramente eccezionali.

Va inoltre precisato che il centro storico, nella  proposta che Italia Nostra intende elaborare, non va visto come una qualcosa che si presenta come un fatto isolato a se stante. Il centro si pone invece come un vero e proprio punto di riferimento centrale degli altri 9 Parchi che fanno quasi da corona al suo pregio, alla sua ricchezza, alla sua unicità.

Abbiamo detto che la città deve diventare un “giardino di pietra”, quella pietra magica e di commovente splendore che è il travertino  che caratterizza nella quasi interezza tutto il centro storico: dalle mura alle chiese, dai chiostri ai palazzi nobiliari, dalle torri superstiti ai campanili, un florilegio di visioni spettacolari sovente e talvolta intime che conquista chiunque si avventuri per le rue e piazze della città.

Si tratta peraltro anche di far rivivere queste costruzioni e questi splendori, ora in gran parte abbandonati  e senza vita, per farli diventare luoghi di produzioni e scambi culturali, laboratori  e contenitori di nuove e coinvolgenti attività che siano in grado di veicolare messaggi di innovazione, ricerca, tolleranza, promozione,fratellanza.

Un’ultima considerazione prima di passare alla illustrazione delle proposte concrete: non è detto che tutto quanto indicato nella relazione debba essere realizzato immediatamente, né è detto che tutto debba essere realizzato dall’ente pubblico.

Si tratta di un guida elastica e perfettibile. E’ l’indicazione di un percorso da seguire per raggiungere alla fine una vetta prestigiosa e  difficile:  ma nel corso del cammino sarà possibile fermarsi per riprendere le forze, alla salita potranno partecipare tutti, soggetti privati e  pubblici, associazioni e singoli. L’interessante è che si sappia dove si vuole arrivare e che non si continui come purtroppo è avvenuto per troppo tempo a camminate a tentoni, con esperimenti  iniziati e subito abortiti, con spese effettuate senza alcun ritorno di risultati, con spreco di energie meritevoli di ben altro successo.

Ascoli, una città ecocompatibile.

Possiamo iniziare questa avventura  oltrepassando,  come alla scoperta di un prezioso scrigno, il Ponte di Porta Maggiore. Per carità di patria eviteremo di scorgere la presenza dei tanti edifici costruiti direttamente sulle sponde del Castellano e del Tronto, che addirittura ostacolano la fruizione del misterioso Ponte di Cecco o si frappongono alla visione dell’incantevole Chiesa del Carmine oppure quella di enormi edifici che hanno ridotto ad una residuale estensione anche se  ancora prestigiosa, per la maestà delle piante, il Giardino Luciani.  A quanto occorso ormai non si può porre rimedio.

E’ possibile invece  sin dall’accoglienza far intendere che si entra in un nuovo mondo, in una nuova dimensione.

E quindi far diventare il Corso Vittorio Emanuele una strada residenziale con ampi marciapiedi, panchine, fontane, la pista ciclabile e l’accesso automobilistico consentito solo  a  mezzi pubblici ecocompatibili e, solo per alcune ore,  ai residenti, in attesa di limitare o dirottare altrove anche il transito di questi mezzi.

Quindi un primo entusiasmante passo per far diventare tutto il centro storico uno spettacolare spazio riservato ai pedoni e alle biciclette.

Ascoli,il sistema delle Piazze.

Questa scelta innovativa va ripetuta per tutto il centro, avendo cura di creare un fantastico itinerario mettendo in rete le tre Piazze principali della città , Piazza Aringo, Piazza del Popolo e Piazza Ventidio Basso, e le altre più appartate e meno spettacolari, non dimenticando l’ elegante spazialità di Piazza Simonetti, di cui si perde la percezione per la presenza ossessiva delle auto in sosta e per quelle in transito e che meriterebbe, invece, una ben differente  tutela e una più accorta valorizzazione sia per la sua elegante e luminosa conformazione sia per il fatto di rappresentare un momento di raccordo spettacolare tra la Piazza dell’Arengo e quella del Popolo. Una particolare cura dovrà essere posta  nell’arredo e manutenzione degli spazi di tutte le Piazze, studiando bene i tipi di pavimentazione, le attività permesse e le modalità di fruizione, le tipologie di infissi.

Si dovranno recuperare ed evidenziare inoltre i preesistenti reperti ancora presenti al di sotto delle attuali pavimentazioni. Questa ricerca andrà effettuata in particolare nella Piazza San Tommaso dove andrà evidenziato, nei limiti del possibile, il perimetro dell’anfiteatro di epoca romana.

Una cura particolare andrà posta inoltre nelle tipologie di intonaco e nella manutenzione degli edifici che si affacciano sulle piazze.

Appare opportuno, per una migliore comprensione delle problematiche connesse al valore e al significato di questi fondamentali spazi del tessuto urbano della città, trascrivere l’illuminato contributo dedicato all’argomento da Guido Biondi, che da sempre segue con attenta e vigile attenzione le modalità di tutela, conservazione e fruizione delle Piazze e di tutti gli altri pregiati angoli, che rendono preziosa l’immagine della città delle cento torri.

“ Le Piazze di Ascoli e il pensiero di Camillo Sitte.

Parlando delle piazze di Ascoli non si può non fare riferimento al pensiero di Camillo Sitte, architetto ed urbanista austriaco della seconda metà dell’ottocento, il quale, nel decifrare quella “regola” non scritta con cui si formate nel tempo e che rende insuperabili per bellezza le piazze delle città storiche italiane, le suddivide in tre distinte tipologie.

Se l’edificio dominante (il principale edificio della piazza) è una chiesa la cui facciata prospetta sulla piazza, questa solitamente si sviluppa “in profondità”. In questo caso Sitte fa l’esempio di S. Croce in Firenze, ma la sua analisi  corrisponde perfettamente all’assetto della nostra Piazza Arringo, dove il complesso Duomo-Battistero, ne hanno determinato per l’appunto lo sviluppo in profondità (l’allineamento sei- settecentesco del palazzo comunale é venuto dopo).

Se, al contrario, l’edificio dominante è più sviluppato nel senso della larghezza, come la maggior parte dei palazzi comunali medioevali, la piazza si sviluppa proporzionalmente in larghezza di fronte ad esso. In questo caso la descrizione di Sitte corrisponde proprio alla configurazione della nostra  Piazza del Popolo dove l’edificio dominante è il Palazzo dei Capitani (o del Popolo) e la Piazza si sviluppa in larghezza di fronte alla sua facciata.

La terza categoria è costituita dalle piazze che hanno conservato il loro impianto  medioevale, cioè un perimetro non regolare a causa di preesistenze, conformazioni del territorio o vincoli determinati da vicini corsi d’acqua. Per Ascoli questo è proprio il caso della “Piazzetta” di San Gregorio e, soprattutto, quello di Piazza Ventidio Basso, la cui singolare bellezza è esaltata dalla collocazione della Chiesa dei SS. Vincenzo ed Anastasio, isolata al suo centro, entro uno spazio delimitato da quinte urbani medioevali e rinascimentali.

Quindi all’interno dello straordinario centro storico di Ascoli, in un percorso breve ed organicamente collegato, troviamo anche tutte e tre le tipologie di Piazze i cui criteri urbanistici ed architettonici rappresentano i motivi per cui le piazze delle città storiche italiane sono per bellezza ineguagliabili.

E noi che ne facciamo di questi tesori, di questo infinito potenziale?

Piazza del Popolo in pratica si chiuse da sola allo scarsissimo traffico verso la fine degli anni 50, in quanto non strategica a nessun passaggio. Oggi, soprattutto nella buona  stagione, oltre all’espansione dei tavoli dei bar sin quasi alla metà del suo spazio, è un delirio continuo di tubi “innocenti” e di palchi per spettacoli di ogni genere. Quasi impossibile al turista beccare un giorno per fotografarla e godersela.

A Piazza Arringo questo splendido destino (la chiusura al traffico) toccò mezzo secolo dopo. E successe il finimondo. La sua sorte non è diversa da quella di Piazza del Popolo. Basta farci una capatina in questi giorni per rendersene conto.

Si badi bene. Non si vuole la città museo e gli eventi occorrono. Ma al pregio dei luoghi deve corrispondere anche un’attenta ed oculata gestione degli stessi sia in termini quantitativi che qualitativi.

Per Piazza Ventidio Basso basta la splendida foto allegata per poter apprezzare, senza auto,  la bellezza del suo impianto medioevale. Purtroppo la Piazza è e rimarrà un devastante snodo del traffico all’interno del centro storico, nonostante il cosiddetto “piano di riqualificazione” in corso. Anziché procedere ad una graduale riduzione dell’insostenibile flusso veicolare  che vi si svolge, per non scontentare nessuno ci si inventa la doppia circolazione sui lati e sul retro a filo della chiesa (anche nella seconda fase), con il risultato inoltre di spezzare in due il suo impianto unitario di spazio medioevale.

Certe categorie sostengono che il turismo, anche se in crescita, “porta poco”. E che prevale ancora  quello del tipo “toccata e fuga”. Ma la responsabilità è la nostra che non sappiamo “vendere” tutto ciò che offre il nostro patrimonio. Un esempio per tanti: quale città può offrire la possibilità di entrare nelle viscere di un ponte romano, vederne il basolato e, a distanza di cento metri, poter salire sulla sommità di una torre gentilizia del XII° secolo (Palazzetto Longobardo in Via dei Soderini). E questi siti non sono altro che il prolungamento naturale di quel percorso unico costituito dal citato sistema delle tre piazze, senza contare tutte le altre aree di pregio del centro storico che non sono da meno.

La Costituzione, in via di principio, ed il Codice del Paesaggio tutelano questi beni ma è la collettività a doverne prendere coscienza e tocca agli amministratori attuare nel concreto, con un minimo di coraggio e di lungimiranza, la loro salvaguardia e valorizzazione.

Ma in mancanza di ciò sorge spontanea una domanda: ce lo meritiamo proprio questo straordinario patrimonio? “

Ascoli, le aree Archeologiche.

Un altro itinerario di grande fascino è quello che mira a mettere in risalto tutti gli elementi e le testimonianze ancora superstiti di epoca picena e romana.

La parte della città in cui questi reperti assumono un particolare rilievo è quella prossima alla cosiddetta Porta Gemina o Porta Romana. Qui sono presenti infatti i resti dell’antico Teatro Romano, anche se ridotto nella sua conformazione dalla realizzazione di una strada. Si dovrà studiare la possibilità di spostare, nei modi che i tecnici riterranno possibile questa strada, in modo da ricomporre l’integrità del teatro, utilizzando la contigua Chiesa della Croce quale struttura di supporto al Teatro stesso ed eventualmente come centro di documentazione degli avvenimenti che diedero inizio alla Guerra Sociale contro Roma degli anni 90-89 A.C. con pannelli illustrativi, esposizione delle ghiande missili e quant’altro, allargando l’esposizione  , nelle maniera opportuna, anche alla vicina area dell’ex Tiro  a Segno dove per circa due anni  gli ascolani resistettero all’assedio delle forze romane.

Un analogo impegno andrà posto nella ristrutturazione di Piazza San Tommaso, in modo da rendere percepibili gli elementi ancora presenti dell’anfiteatro romano, ora coperti da terriccio, panchine simili per certi aspetti a piccole tombe, costruzioni sovente di pessimo gusto e di aspetto povero e disadorno.

Ascoli, il sistema delle Chiese. Il Percorso della Memoria spirituale della città.

Un terzo itinerario del magico centro ascolano è quello rappresentato dagli edifici monumentali religiosi . Le chiese di Ascoli sono numerose  e tutte di notevole valore architettonico. Alcune conservano ancora le antiche tracce dei preesistenti templi romani ( Chiesa di San Venanzio e Chiesa di San Gregorio Magno ). Numerose sono le chiese romaniche. Più spettacolari quelle gotiche, tra cui si distingue, per la pura e rigorosa linearità, il Tempio di San Francesco, a fronte della grandiosa e luminosa spazialità della Chiesa di San Pietro Martire. A parte va considerata la Cattedrale di Sant’Emidio con la cripta, la ricca decorazione delle volte, e la Cappella che custodisce il commovente e spettacolare Polittico di Carlo Crivelli unico, tra i tanti realizzati dal pittore veneziano nella città, ancora rimasto ad Ascoli, integro e di commovente e fascinosa drammaticità.

Lungo sarebbe l’elenco delle altre chiese ancora aperte al culto. Alcune, pur pregevolissime, rimangono chiuse o utilizzate in maniera incongrua. Si può citare , per esempio, il caso del Tempio di San Tommaso, di cui quasi nessuno può ammirare lo spettacolare interno, luminoso e ricco di importanti opere d’arte. A nulla sino ad ora sono valse le segnalazioni perché si provveda almeno a consolidare il portone d’ingresso, privo da tempo di alcune formelle  e di un minimo di consistenza che assicuri l’integrità del patrimonio custodito dall’aggressione di qualche malintenzionato. Quindi, in questo caso,  non solo il Tempio non è visitabile, ma addirittura non si fa nulla perché almeno se ne assicuri l’integrità.

Eppure la Sezione si era dichiarata disponibile a procurare le risorse per l’effettuazione dei lavori di consolidamento del portone e per assicurare, con la presenza di propri volontari, l’apertura del Tempio per consentirne la visita. Niente, alla proposta della Sezione non è stata data alcuna risposta e tutto è rimasto nella condizione di abbandono che ognuno può constatare di persona.

Come accennato ben numerose sono  le chiese chiuse al culto, alcune utilizzate in maniera incongrua, alcune prive di un minimo di arredo, altre chiuse e basta. Un grande patrimonio da utilizzare per Creare un Percorso mirabile della Memoria Spirituale della Città. .

In queste Chiese si dovrebbero riportare tutte le opere d’arte di cui erano ricche o almeno le riproduzioni realizzate nelle modalità più confacenti.

Alcune di queste chiede potrebbero essere utilizzate, in luogo della condizione di abbandono in cui versano attualmente, per ospitare dei laboratori ( musicali, di pittura e scultura, teatrali, di ceramica ed altro). Questi laboratori potrebbero , inoltre, essere utilizzati insieme quali contenitori di centri di documentazione o musei di alcuni particolari fenomeni culturali che hanno caratterizzato la lunga storia della città.

La Proposta dei Laboratori.

Si indicano almeno due di questi centri:  Realizzazione di un Centro di Documentazione della Pittura di Carlo Crivelli e dei Crivelleschi così come indicato nella nota inviata tanto tempo fa al Prof. Pietro Zampetti, notoriamente uno dei più prestigiosi studiosi della pittura marchigiana e di Crivelli, che, unico, mostrò molto interesse per la proposta. Purtroppo il Professore non è più tra noi e del Suo entusiasmo e delle Sue visioni avveniristiche è rimasta solo la  lettera che custodiamo con il rispetto che merita, mentre nulla è stato fatto di quello che anche Lui proponeva, salvo le solite manifestazioni effimere , di cui non rimane nemmeno il ricordo.

Realizzazione di un centro dedicato alla civiltà delle Torri.

In proposito va rilevato che una delle emergenze più significative della storia urbana ed architettonica della città è la presenza nel tessuto urbano di un numero impressionante di Torri.

Ascoli viene indicata come la città delle Cento Torri, ma, in realtà,  sulla base delle ricerche effettuate in proposito da Osvaldo Sestili, le Torri dovevano essere di un numero di gran lunga superiore. Si parla addirittura di  200 torri. Insomma la città si presentava allo stupefatto forestiero come una  vera e propria foresta di torri che  creavano un paesaggio incantato con gli alti edifici che si stagliavano sullo sfondo delle colline che circondano la città e il profilo innevato della Catena dei Sibillini.

Di queste torri sono rimaste in piedi, integre, setto o otto esemplari, tra cui quella più spettacolare degli Ercolani o del Palazzetto Longobardo con ai piedi la preziosa casa medievale, ora utilizzata come Ostello per la Gioventù:

Camminando per le Rue del vecchio centro è divertente andare alla scoperta dei resti della altre torri, ora inglobate in edifici costruiti in epoca successiva. Di questi resti sono presenti,  sembra, oltre ottanta esemplari.

E’ evidente il valore di queste testimonianze per l’immagine della città e per la promozione di un turismo di ricerca, di qualità e di conoscenza.

Rientra  nella ipotesi di valorizzazione del ricco patrimonio delle chiese presenti nel centro storico della città anche il progetto della realizzazione di un Museo o Esposizione Permanente dedicato alla immagine dell’Arcangelo Michele  e alla rappresentazione della Lotta tra il bene e il male e tra il Principio della Luce e quello delle Tenebre. Questa idea è legata al progetto della  realizzazione di un’Asta , da ripetere anche in più anni, per la raccolta di offerte da parte di sponsor  di rilievo nazionale per opere ( dipinti e sculture) realizzati e donati da artisti di valore per raccogliere la somma occorrente per completare il restauro e il recupero della Chiesa , con gli affreschi che ne decorano le pareti interne, di Vitavello , dedicata appunto a San Michele Arcangelo.

Mentre le somme offerte dagli sponsor verranno utilizzate per il recupero della Chiesa di Vitavello, le opere donate dagli artisti e scelte dagli sponsor per le loro offerte,  si propone che vengano invece esposte in maniera permanente in prestigiosi siti di Ascoli ( In un primo momento e in via temporanea nel Forte Malatesta e in seguito, quando sarà completato il recupero e restauro nel Chiostro del Tempio di Sant’ Angelo Magno ( dedicato, come è noto, all’Arcangelo Michele ) e in almeno due delle tante Chiese della città, al momento inutilizzate.

Questa iniziativa consentirebbe in pari tempo di completare il recupero della Chiesa di Vitavello, di valorizzare siti importanti di Ascoli e di inserire il nostro territorio nei percorsi che si stanno man mano realizzando delle Vie Micaeliche e degli Itinerari Micaelici, in cui inserire simultaneamente tutte le chiese presenti nella zona e dedicate all’Arcangelo ( Lisciano, Porchiano, Montadamo, Appignano, Castignano, Montelparo, Montefalcone Appennino oltre al Tempio di Sant’Angelo Magno, alla grotta di  Sant’Angelo in Volturino e alla Grotta di San Michele di Ripe nella Gola del Salinello).

Il sistema delle Torri e gli Orti Urbani.

Questa immagine potrà essere esaltata dalla contemporanea valorizzazione dei tanti Orti murati che ancora ingentiliscono e rendono unico proprio la zona della città dove più si nota la presenza delle torri e dei resti di torri.

Ecco, la realizzazione in una delle Chiese chiuse al culto o magari nel Forte Malatesta  di un centro di Documentazione dedicato alla civiltà delle Torri darebbe un ulteriore considerevole impulso allo sviluppo di questo turismo di qualità.

Nel centro si dovrebbe esporre un  plastico con la ricostruzione dell’immagine della città quando ancora erano presenti tutte o quasi tutte le Torri .

La ricostruzione virtuale con le immagini in tre D proiettate su uno schermo con il sottofondo di musiche di epoca contribuirebbe ad un’ulteriore possibile  immersione in un mondo immaginario e stupefacente.

La  raccolta ed esposizione di tutte le immagini della città  turrita ( dipinti, ceramiche, foto etc) nell’originale o in copie contribuirebbe ad un ulteriore arricchimento di questo stupefacente centro.

Naturalmente, a chiusura di questo percorso che consente un viaggio indietro nel tempo, dovrà essere assicurata la possibilità di visitare una delle Torri, possibilmente quella degli Ercolani come sembra si stia programmando di fare, consentendo di salire sino alla sommità dell’edificio per ammirare dall’alto lo splendore della città  con le chiese, gli orti, i chiostri,  i fiumi e la corona di colline e monti che la circondano da tutti i lati.

Il sistema dei Palazzi Nobiliari.

Un altro elemento di grande valore del Centro di Ascoli è rappresentato dalla spettacolare ricchezza del patrimonio di  Palazzi nobiliari che rendono la città particolarmente affascinante.

Anche in questo caso il pregio degli edifici è accentuato dalla essenza del materiale utilizzato per le costruzioni: il candido ed affascinante travertino locale.

Come accennato anche dal Prof. Cervellati il patrimonio edilizio di valore del Centro Storico rappresenta insieme a quello dei fiumi e della campagna che circondano la città uno dei valori su cui può basarsi una ipotesi di sviluppo di Ascoli.

Peraltro se si pensa che questo rilancio possa avvenire utilizzando questi prestigiosi edifici per realizzare abitazioni  magari riservate a meno abbienti, così come è avvenuto per il prestigioso Palazzo Sgariglia,  è da ritenere che questa scelta non appaia come la più opportuna e non consenta, quindi,  di conseguire i risultati esaltanti, che  un centro così importante come quello di Ascoli sicuramente merita.

Una diversa più intelligente opzione è quella che preveda per  questi edifici una destinazione a funzioni o strutture produttive o culturali, sia come contenitori per  Musei ed Esposizioni di   qualità, oppure come Residence o B&B di Charme o Alberghi  di alto livello, così come è avvenuto per il Palazzo Guiderocchi, in modo da consentirne una fruizione pubblica nei modi che un’adeguata programmazione potrà individuare.

Si potrà pensare di allocare in questi contenitori Attività Culturali Innovative e Laboratori in grado di produrre occupazione di Buona Qualità.   A puro titolo di esempio si può formulare una di queste proposte, tenendo ben presenti le difficoltà da superare e la necessità di coinvolgere per la realizzazione di quanto proposto intelligenze, risorse, progettualità ed altro.  E’ ben presente in quali condizioni versa il Palazzo Saladini Pilastri ubicato in  Corso Mazzini accanto al Palazzo Malaspina. Questo palazzo occupa uno spazio immenso, è completamente abbandonato, è arricchito dalla presenza di una Chiesa, quella di Sant’Egidio, chiusa al culto da tempo immemorabile e non si sa in che stato di conservazione.

Immaginiamo quali opportunità si potrebbero cogliere se questo immenso spazio venisse utilizzato per ospitare un Centro di Lingua e Cultura Italiana riservato al numero enorme dei discendenti di origine italiana sparsi nel mondo.

La realizzazione di questa innovativa proposta consentirebbe  di avere come bacino di utenza un numero straordinario di cittadini sparsi nei quattro angoli del mondo di origine italiana. Si tratta di un cifra stratosferica: circa 50 milioni di persone,di cui si potrebbe sollecitare l’interesse a riscoprire le proprie origini, frequentando un  corso di Lingua e Cultura Italiana in un contesto urbano e naturale così pregiato come quello di Ascoli.

Quante sarebbero  le professionalità utilizzabili in questa struttura? Si pensi a docenti di lingua italiana, ai docenti storia dell’arte, a quelli di geografia e storia, a quelli di economia. E poi a quelli da utilizzare per fornire i servizi di ospitalità, dagli alberghi e ai ristoranti.  E poi  agli esperti informatici,  agli addetti alle segreterie e alla promozione, alle guide.

Senza dimenticare  la possibilità di organizzare durante i corsi Escursioni per far conoscere i tanti luoghi d’Italia, di cui gli ospiti avranno sicuramente sentito parlate dai  loro parenti, magari partiti tanto tempo prima dall’Italia.

Si tratta di un esempio di un’iniziativa innovativa, per il cui avvio si potrà partire con piccoli passi magari partendo dai cittadini di origine italiana provenienti dal Piceno o dalle Marche, per poi allargare man mano il messaggio a quelli originari delle altre  regioni d’Italia.  Quando si parla di laboratorio si vuole far riferimento proprio a questo tipo di iniziative.

E tornando al caso di Palazzo Sgariglia ci dobbiamo chiedere : non sarebbe stato più utile destinare la struttura, tenuto conto della enorme cubatura e della presenza di sale particolarmente ampie e per giunta con volte arricchite da prestigiosi affreschi, a spazio dove ospitare Mostre di qualità in grado di richiamare un numero sempre maggiore di appassionati, così come avviene , per esempio, a Forlì o come si è verificato recentemente ad Osimo?

E se proprio non si voleva percorrere questo percorso in parte accidentato, non si poteva optare per una destinazione ad un’attività di tipo alberghiero, capace di ospitare gruppi numerosi di visitatori, che ora non trovano nella città una simile opportunità di ospitalità turistica?

Oltre tutto, con questo tipo di destinazione, si sarebbe potuto trovare anche il modo di conservare per una fruizione pubblica alcun dei saloni più prestigiosi, individuando innovative ed intelligenti forme di collaborazione con i gestori della struttura turistica.

Con l’attuale destinazione, il bene diventerà a tutti gli effetti un luogo privato, utilizzato nella parte più prestigiosa da soggetti con un reddito più elevato, e nella parte più ordinaria dalle famiglie meno ricche.

Comunque si tratta sempre di una sostanziale privatizzazione del bene e della perdita di una grande opportunità di sviluppo della città, quale attrattrice del turismo di qualità e della conoscenza..

I Teatri Storici.

Un altro settore dove si potrebbero attivare delle iniziative capaci di far aumentare l’attrattività del territorio sono quelle collegate alla presenza nella città di due teatri storici. Ora, mentre il primo, il Teatro Ventidio Basso, dovrà necessariamente,peraltro come avviene già ora,  essere utilizzato per  le rappresentazioni teatrali proposte da compagnie nel corso dei tours che fanno in Italia, continuando o magari  addirittura accentuando l’utilizzazione di quelle che lo scelgono per le prove e per le anteprime; il secondo, il Teatro dei Filarmonici, di cui peraltro non è stato completato il recupero e restauro, non dovrebbe diventare un doppione del primo magari destinato ad ospitare spettacoli meno importanti. Dovrebbe invece, come proposto già tanto tempo fa dalla sezione di Italia Nostra, diventare  un vero e proprio laboratorio multimediale, utilizzabile ogni giorno dell’anno per una serie eccezionale di iniziative, tali da farlo diventare una struttura dirompente nel panorama sovente asfittico della città. Per evitare, peraltro, che la struttura vada a pesare sulle spalle dell’ente pubblico, duplicando quindi le spese enormi già sostenute per la gestione del primo teatro, in questo caso andrebbe affidata a seguito di un  bando pubblico ad un soggetto, che sia una cooperativa o altra organizzazione, che elabori un progetto di utilizzazione innovativo .

Si potrebbe ipotizzare anche una concessione della struttura a titolo gratuito,o addirittura fornendo dei contributi in cambio dei servizi da fornire nel corso dell’anno all’ente pubblico. E ‘certo che questa forma di gestione risulterebbe molto meno onerosa per le casse del comune e con un ritorno in termini di servizi, di occupazione e di innovazione sicuramente eccezionali.

L’area di San Pietro in Castello.

Un altro laboratorio era stato inoltre proposto dalla Sezione per l’area contigua alla Chiesa di San Pietro in Castello. Sembra che ora si voglia utilizzare quell’area per realizzare un parcheggio.

Comunque per consentire un confronto tra questa forma di utilizzazione e quella proposta da Italia Nostra si potrà fare riferimento ai documenti e alle relazioni che illustrano le proposte di Italia Nostra. Corre l’obbligo di rivelare, comunque ,che la soluzione proposta da Italia Nostra, oltre a salvaguardare e tutelare l’integrità dell’area, consentirebbe di creare le condizioni per far diventare questo spazio pregevole un vero e proprio laboratorio innovativo, destinato ad ospitare corsi di pittura, teatrali, musicali, e di altre forme artistiche con la presenza di maestri ad allievi provenienti a rotazione da tutto il mondo. Il progetto elaborato prevedeva , tra l’altro, anche la realizzazione di una struttura residenziale per gli artisti ed allievi oltre all’allestimento di uno spazio  per mostre e di un teatro all’aperto per spettacoli ed esibizioni. Oltre tutto l’iniziativa si sarebbe potuta rilevare a costo zero per l’ente pubblico, prevedendo l’effettuazione dei lavori da parte di privati, scelti sulla base di pubblico bando, in cambio di una concessione dell’area e delle costruzioni per un certo numero di anni. Insomma, in questo come in altri casi, si tratta di fare una scelta tra le proposte realmente innovative, e quelle tradizionali, sia che si tratti delle solite lottizzazioni o delle creazione di un parcheggio, solite proposte che non portano sicuramente molto lontano.

Il Parco urbano e l’addizione verde della quinta collinare.

Una città che voglia distinguersi per una elevata qualità della vita in grado di assicurare un ambiente qualificato ai suoi residenti e tale da richiamare un numero sempre più elevato di visitatori, deve affrontare con determinazione il problema della consistenza delle aree con destinazione a verde urbano, che non si risolvano in piccoli spazi di impercettibile consistenza o non si limitino alla presenza di viali arricchiti da vegetazione  più o meno lussureggiante.

Ascoli, tolto il residuale Giardino Pubblico Luciani, che pur nobilitato da alberi di spettacolare ed elegante portamento rimane purtroppo di piccola estensione, ridotto nella sua consistenza dalla  costruzione di imponenti edifici realizzati eliminando le piante , proprio a ridosso dell’abside del duomo cittadino, è sostanzialmente priva di un Parco Urbano  definibile tale e facilmente fruibile.

L’ altra area verde presente in città, infatti, è il cosiddetto Parco della Rimembranza, di estensione notevole, ma di difficile fruizione, stanti le notevoli pendenze su cui sono state messe a dimora le piante.  Quindi si tratta di un parco che, utile per ridurre le forme di inquinamento, non appare tale da soddisfare le esigenze vitali della comunità. Conferma questa affermazione il fatto che la frequenza del parco stesso è alquanto limitata se non addirittura nulla.

Un parco, in realtà, per soddisfare adeguatamente le esigenze della comunità deve essere facilmente raggiungibile, deve essere realizzato in un’area pianeggiante o al massimo in dolci declivi.

Purtroppo per l’espansione edilizia non programmata in maniera corretta, tutti gli spazi possibili sono stati progressivamente occupati da costruzioni e strade, compresi quelli immediatamente contigui alle sponde dei due fiumi con la costruzione di imponenti edifici addirittura sul ciglio a strapiombo delle sponde. Emblematico, al riguardo, quanto costruito in          Via Traquilli, a ridosso del Castellano, e in maniera così sconsiderata da occludere il sentiero di accesso al famoso Ponte di Cecco, che per questo motivo risulta praticamente inutilizzabile per il passaggio, che sarebbe spettacolare,  dal quartiere di Porta Maggiore a Centro Storico.

Per ovviare al problema della mancanza di aree adeguate idonee alla realizzazione di Parco si era proposto di creare una sorta di corridoio verde mettendo in collegamento lo spazio dello stadio Squarcia, dopo aver eliminato il recinto e le gradinate,  realizzando un prezioso prato in immediato collegamento con le sponde del fiume Castellano, con il misterioso e denso di fascino Ponte di Cecco, con l’abside della Chiesa di San Vittore, quale spazio aperto e verde in grado di esaltare  l’elegante profilo del Forte Malatesta. Il corridoio verde, avrebbe dovuto proseguire il suo percorso inglobando quanto ancora rimasto del Giardino Luciani, attraversare il Giardino del Palazzo Colucci per arrivare sino alle sponde del Tronto penetrando nel magico Giardino del Palazzo Saladini Pilastri denso di atmosfere esoteriche.

Questa idea non ha trovato, peraltro, mai una sua concreta realizzazione ed è rimasta allo stadio di semplice ipotesi progettuale.

Tra l’altro il recinto dello stadio Squarcia non è stato mai eliminato, né sono state eliminate le vecchie gradinate. Addirittura ne sono state realizzate altre di cemento, sì da non rendere ormai più possibile una diversa sistemazione dell’area come pure era stato previsto dal Piano del Centro Storico elaborato da Bernardo Sechi, regolarmente adottato dal Comune.

Allontanandosi  in  parte da centro era rimasta libera per la realizzazione di un parco degno di questo nome l’area contigua all’istituto Tecnico Agrario, su cui i docenti di questo Istituto con lungimirante intelligenza e con sana passione avevano realizzato un Giardino Botanico sperimentale, la cui estensione poteva essere di circa 8 ettari, con la possibilità di collegarlo direttamente con le sponde del Fiume Tronto. Insomma una grande opportunità per la città che si sarebbe potuta dotare di un parco situato proprio al centro del tessuto urbano cittadino, in prossimità del centro storico e della parte di nuova espansione edilizia.

Proprio per evitare che questa opportunità venisse perduta, a fronte delle decisioni in contrasto con questo tipo di civile destinazione  che la Provincia, proprietaria dell’area, intendeva assumere, fu costituito un Comitato, che interpellò sulla vicenda anche il Prof. Cervellati, il quale affermò con decisione che  questo “crimine” non si doveva  compiere assolutamente.

Quanto  temuto è, invece,  accaduto. Progressivamente  sugli otto ettari sono state realizzate nuove costrizioni, per giunta architettonicamente infelici, ed ora rimane come Orto Botanico, ancora curato con attenta partecipazione dai docenti ed allievi dell’Istituto Tecnico Agrario , un’area di residuali due ettari, che corrono sempre il rischio di un progressivo smantellamento .

Si è persa comunque e per sempre l’opportunità di dotare la città di un vero e proprio parco urbano.

Così per risolvere il problema si pensa  ora di utilizzare come parco della città  i due sistemi fluviali del Castellano e del Tronto.

Si tratta come è evidente di una ipotesi interessante per alcuni aspetti, ma sicuramente di difficile realizzazione da una parte e di scomoda fruizione dall’altra.

E’ nota infatti la caratteristica dei corsi d’acqua ascolani, con  sponde   particolarmente profonde ed alquanto scoscese.

D’altra parte va tenuto presente che pochi sono i tratti pianeggianti e di facile accesso e comodamente fruibili prossimi  ai due fiumi . Senza considerare il fatto che queste parti pianeggianti sono anche soggette al pericolo di esondazione dei fiumi nel caso di piene e, in alcuni casi, trattasi di terreni di proprietà privata.

Non per questo non merita un’attenta considerazione la proposta di realizzazione del Parco Fluviale del Castellano e del Tronto oltre che del Chiaro.

In realtà la Sezione è tanto favorevole a questo tipo di idea da aver inserito nel  novero degli otto    Parchi Culturali ed Ambientali di cui si propone la realizzazione anche quello indicato come Parco delle Aste Fluviali del Tronto e del Castellano.

Evidentemente  ben altre sono le funzioni che  potrebbe assolvere il Parco  proposto che prevede la realizzazione di sentieri, viste guidate, tutela dei valori botanici, salvaguardia dell’integrità elle sponde e dei corsi d’acqua, naturalizzazione degli ambienti, riappropriazione della consistenza della portata dei corsi d’acqua e quant’altro.

Tutti elementi positivi, certamente, ma si tratta sempre di qualcosa di ben differente da quello che potrebbe ed dovrebbe essere un Parco Urbano, che deve essere un luogo di facile accesso, di comoda fruizione, dotato di sentieri, panchine, piccoli laghetti, angoli destinati alle essenze floreali, insomma un luogo vivibile, fruibile da tutti compresi i bambini, le persone più anziane, i diversamente abili. E non si sa come il Parco Fluviale possa avere queste caratteristiche e rispondere a queste esigenze!

Certamente un altro spazio  potrebbe essere destinato alla creazione di un  Parco Urbano. Si tratta dell’area ex.-Carbon. Ma anche in questo caso a quanto pare  prevale nella progettualità di cui si discute l’aspetto residenziale, mentre viene destinata al Parco quella parte dell’area che sostanzialmente corrisponde alle ripide sponde del fiume, che come al solito sono di difficile accesso e fruizione, oltre ad essere in atto caratterizzate da un livello d’inquinamento particolarmente elevato.

Rimane a questo punto da fare un accenno alla quinta collinare che circonda la città da  tutti i lati e che rappresenta un elemento fondamentale dell’immagine e del valore identitario della città. Valutazione  che giustifica l’esigenza della salvaguardata rigorosa della sua integrità naturalistica e  naturalistica, in modo da conservarla come  fondamentale complemento dei valori  del tessuto urbano che la presenza di questa quinta esalta. Come ripetutamente fatto presente potrà  essere assicurata questa tutela ripetendo per questa area  l’esperimento della cosiddetta “ Addizione Verde” avviato dalla civile Ferrara, che prevede per i legittimi proprietari dei terreni rigorosi criteri di utilizzazione dei beni nel rispetto degli elementi naturalistici e paesaggistici che li contraddistinguono, senza permettere ulteriori espansioni edilizie, imponendo tecniche biologiche nella attività di coltivazione, e studiando forme responsabili  di fruizione da parte della collettività dei beni stessi, favorendo , in particolare, la percezione visiva dei beni e la realizzazione di percorsi eco compatibili e non invasivi,  prevedendo in cambio di questi vincoli a favore dei proprietari, che rimangono sempre tali, premialità di ordine fiscale, forme preferenziali di finanziamento, facilitazioni nell’ottenimento di permessi per la realizzazione di punti di ristoro o per la trasformazione degli edifici esistenti in strutture attrezzate per offrire ospitalità.

Non appare inopportuno trascrivere quanto ribadito da Andrea Malacarne, Presidente della Sezione  Italia Nostra di Ferrara, per l’Addizione Verde : “ …. si tratta di un parco-campagna, che tale deve restare come immagine e come funzione preminente, conciliando le giuste esigenze della produzione agricola come immagine e come funzione preminente, conciliando le giuste esigenze della produzione agricola (con risposte concrete al soddisfacimento di necessità legate al lavoro ed alla residenza degli operatori) con quelle del ripristino ecologico ed ambientale della campagna.

Il progetto identifica nel parco, che deve rimanere di proprietà mista, pubblica e privata, finalità ecologiche, ricreative, produttive e culturali: dalla interrelazione tra finalità, funzioni con esse compatibili e adeguate forma di gestione nasce la garanzia della fruizione, del funzionamento e quindi della vita stesso del parco.

Aspetto qualificante del progetto l’identificazione di un sistema di percorsi, in gran parte pedonali e ciclabili, che si snodano nella campagna e nel verde e costituiscono la maglia strutturale indispensabile all’ utilizzo del parco in tutta la sua estensione ed al collegamento delle attività(siano esse residenziali, produttive, sportive, ricreative, ricettive , di ristoro) che in esse si trovano o si troveranno.”

L’AREA EX CARBON : UNA DESTINAZIONE COMPLEMENTARE AL PROGETTO DEL PARCO CULTURALE ED AMBIENTALE DI ASCOLI, GIARDINO DI PIETRA E NON UNA SEMPLICE SPECULAZIONE EDILIZIA. 

( Testo della proposta formulata dalla Sezione di Italia Nostra per la modalità di utilizzazione dell’Area ex-Carbon )

“ L’area ex-Carbon rappresenta un problema e un’opportunità per lo sviluppo della città, per il rilancio della sua immagine, per la definizione del suo ruolo e funzione in un ambito più ampio di quello delimitato dall’attuale esigua dimensione amministrativa.

Per Italia Nostra l’utilizzazione dell’area ex-Carbon va vista nella prospettiva della proposta della Opzione Culturale e nello specifico della realizzazione del “Distretto delle Risorse Culturali”, come ipotesi di sviluppo della città. In pratica l’area ex Carbon dovrebbe diventare lo spazio da utilizzare come “Laboratorio” innovativo per avviare e rendere possibile questo processo rivoluzionario. Già la stessa utilizzazione dell’area dovrebbe porsi come primo atto della realizzazione del Distretto Culturale quale laboratorio per la definizione delle modalità da seguire per il restauro ambientale ed urbano e la  conservazione, valorizzazione e fruizione del territorio del proposto Distretto. Così la parte destinata alla residenzialità dovrebbe essere utilizzata per ospitare studiosi, ricercatori, visitatori con costruzioni ecosostenibili, di impianto innovativo,  come un vero e proprio “campus” da prendere come esempio e da studiare per la definizione dei nuovi modi di costruire. La parte destinata a verde non dovrà apparire come una zona residuale, ma porsi come un laboratorio per l’individuazione delle forme di intervento sul territorio più efficaci al fine del recupero e restauro ambientale.

L’eventuale spazio destinato alle attività commerciali naturalmente non dovrà ridursi alla realizzazione, in questo spazio pregiato, di un ulteriore centro commerciale, di cui non si sente assolutamente il bisogno. Potrà essere giustificato ed accettato invece l’eventuale realizzazione di spazi commerciali destinati alla presentazione delle eccellenze del territorio. Infatti, in questo modo, si eviterà che anche questo spazio della città diventi un “non luogo” come i tanti altri già realizzati, sì da contribuire ulteriormente all’impoverimento della vitalità commerciale delle altre zone cittadine ed in particolare del Centro Storico. Il Polo Tecnologico diventa naturalmente lo spazio vitale e fondamentale di questa avveniristica proposta. Qui dovranno essere allocati centri ricerca, centri per l’elaborazione dati, spazi espositivi, laboratori artigianali, centro congressi, spazi per attività produttive ecc. Ponendosi, peraltro, l’obiettivo di far diventare questo Polo come il Laboratorio e Punto di riferimento e studio dei Distretti Culturali da realizzare in tutta Italia, nella convinzione che questa sia l’unica strada percorribile per interrompere l’opera intollerabile di consumo e distruzione della nostra più grande ricchezza(territorio, paesaggio, memoria storica), quella che ci è stata lasciata in eredità dai nostri antenati e che noi abbiamo l’obbligo di lasciare in eredità ai nostri discendenti. Tenuto conto, inoltre, della proposta creazione della Macro-Regione Adriatico-Ionica il Laboratorio del Distretto dovrà porsi l’obiettivo di estendere a tutta l’area di questa Macro Regione questa forma ed ipostesi di sviluppo. È certo che questa sarebbe una scelta molto intelligente, in quanto probabilmente si potrebbero utilizzare forme di finanziamento dell’Unione Europea.

Nel frattempo la Fondazione di Ascoli Piceno potrebbe prendere in considerazione anche l’eventuale possibilità di dirottare ad Ascoli l’importo già destinato a San Benedetto del Tronto per l’accennata opera architettonica di grande valore, tenuto conto sia del fatto che, a quanto sembra, il previsto finanziamento non sarà più utilizzato per quella località sia del fatto che da noi è stata già formulata la proposta di destinare la detta opera a sede di un “Centro per la cultura della Macro Regione Adriatico_Ionica”. Quale migliore occasione di contribuire in maniera efficace ad avviare un processo di sviluppo inimmaginabile del nostro territorio?”

Il sistema Museale.

Non va dimenticata in questa ampia rassegna delle emergenze positive della realtà di Ascoli la presenza di  importanti Raccolte Museali  che, se adeguatamente valorizzate, potrebbero contribuire in maniera sostanziale a migliorare l’immagine della città e a favorire lo sviluppo del turismo di qualità.

Anche in questo caso si deve puntare a fare di questi ricchi autentici tesori non  più, come avviene ora, per lo più  dei  Musei tradizionali , che si limitano a   custodire opere d’arte di valore più meno elevato, attendendo passivamente la visita di qualche avventuroso  appassionato.

Si dovrà prevedere invece un diverso ruolo delle strutture Museali che dovranno porsi come soggetti attivi di conoscenza e valorizzazione, non limitandosi più, quindi, alla sola funzione di mettere quasi sotto formaldeide gli oggetti conservati, individuando  invece forme attive di messa in rete di tutto il patrimonio artistico presente nel territorio , prevedendo modalità di fruizione in grado di coinvolgere la comunità anche con l’apertura di finestre sui luoghi dove gli oggetti e i reperti sono stati scoperti o prodotti.

Si dovrà, in pratica, adeguarsi a quanto sostenuto dal Prof. Walter Santagata  circa l’esigenza della trasformazione delle strutture museali in “centri culturali” in modo da modificarle dall’originario “luogo di raccolta ed esposizione delle opere a luoghi di produzione di cultura attraverso lo sviluppo di attività di ricerca storica, l’organizzazione di esposizioni temporanee, l’invenzione di eventi culturali e di progetti urbani che coinvolgano il territorio e la comunità”.

Ad Ascoli potrà svolgere questa funzione la struttura Museale più importante, la Pinacoteca Civica che potrà con adeguate forme di accordi coordinare l’attività delle altre strutture presenti nel territorio, compreso il Museo Archeologico Statale e Il Museo Diocesano.

L’organizzazione di rassegne a tema, di visite guidate ad aspetti particolari delle opere custodite, di conferenze, di concerti, di declamazione di poesie nelle Sale dei Musei potrebbero  essere alcune delle iniziative da prendere per aumentare il flusso dei visitatori, per allargare l’interesse per questo patrimonio irripetibile, per far diventare queste strutture dei punti di riferimento irrinunciabili della memoria storica della città e del territorio, un focolare dove splende di luce continua la passione per il bello, per le cose che contano, per le alte aspirazioni.

Naturalmente per favorire lo svolgimento di queste attività e l’espletamento di queste più impegnative funzioni sono richiesti cambiamenti strutturali della organizzazione, non prevedendo  la presenza di un solo esperto di storia dell’arte e di vari custodi, ma anche di esperti in mostre, in eventi culturali, in marketing, in comunicazione e in questioni legali e dei diritti di proprietà intellettuale.

Il sistema delle manifestazioni.  Ascoli, città della Musica.

Rimane da fare qualche considerazione sulle manifestazioni che potrebbero  contribuire a loro volta a migliorare l’immagine della città, a promuoverne  la conoscenza , ad essere ulteriore motivo di attrattività.

Certo l’ideale sarebbe l’organizzazione di un Festival o Rassegna come quella del Festival dei Due Mondi di Spoleto. Per iniziative simili e di questo livello, peraltro, sono necessarie troppe risorse e almeno per il momento non credo che le stesse siano presenti nel nostro territorio.  Pure rimane viva l’esigenza di utilizzare anche lo strumento delle manifestazioni culturali di qualità per modificare positivamente l’immagine della città e del territorio, avendo cura di elaborare un progetto di lunga durata, partendo magari da iniziative poco costose  all’inizio ma avendo ben presenti sin dall’inizio gli obiettivi più impegnativi da raggiungere  al termine del processo.

A parere di Italia Nostra rimane sempre valida l’idea di far diventare la città e il territorio il luogo della Musica utilizzando le esperienze e le professionalità delle Associazioni che, nate ad Ascoli, ormai hanno consolidato la loro esperienza con l’organizzazione di Rassegne, Festival ed altro.

Si fa riferimento, in particolare, alla Filarmonica Ascolana e all’Ass. Ascoli Piceno Festival. Quest’ultima organizza ornai da oltre tre lustri un Festival di Musica Classica Internazionale denominato Settembre in Musica che vede la partecipazione di artisti di tutto il mondo che per circa un mese eseguono concerti nei luoghi più pregiati della città e del territorio. Il Festival, di tipo residenziale, non si limita a far esibire artisti che eseguono brani già da loro proposti altrove. Prevede invece l’incontro di varie esperienze ad Ascoli per proporre nuove esecuzioni ed arrangiamenti, esperimenti innovativi, contaminazioni.

La seconda rassegna  è quella dei Percorsi Piceni, che consente la riscoperta degli angoli più fascinosi del territorio piceno, di monumenti poco conosciuti, di angoli naturalistici particolarmente pregiati.

Analoghe iniziative vengono prese , peraltro nel corso di tutto l’anno dalla Filarmonica Ascolana, che mira a valorizzare prevalentemente le professionalità e gli artisti locali.

E’ evidente che queste iniziative andranno adeguatamente implementate se si vorrà qualificare la città come una autentica città del musica.

Così, tanto per fare degli esempi, invece di prevedere la rappresentazione di un’opera  nella pur fantastica e pregevole Piazza del Popolo, con i costi che queste rappresentazioni necessariamente comportano, sarebbe quanto mai più conveniente organizzare nella stessa Piazza o in questa ed in altre oltre che   in una delle fantastiche cave di travertino abbandonate( per esempio quella di Giuliani ), cave che talvolta sono favorite da un’acustica stupefacente, un Festival delle Orchestre Sinfoniche Giovanili provenienti da tutto il mondo.

Si tratterebbe di iniziare questo percorso che nel corso del tempo potrebbe in maniera sempre più vigorosa rilanciare l’immagine della città  e porla all’attenzione del pubblico sempre più numeroso che a livello internazionale segue questi eventi musicali.

Oltre tutto questo Festival o lo chiami come si vuole contribuirebbe a favorire la conoscenza di Orchestre composte da giovani esecutori e non si sa quanto sia indispensabile aiutare i giovani che saranno gli artisti di domani.

Quindi immagine positiva della città, coinvolgimento delle giovani generazioni, costi non eccessivi, possibilità di elaborare un progetto in crescendo, anticipando magari altre località che non ancora hanno pensato di fare la stessa cosa ,  possibilità di ospitare gli eventi in contesti urbani (le piazze di Ascoli e magari di Offida e, se del caso, di Fermo) e naturalistici ( le cave di travertino del Colle San Marco ) di indubbio fascino : tutti questi elementi dovrebbero eliminare ogni dubbio sulla bontà della proposta ed accendere l’entusiasmo degli amministratori locali.

Un’altra iniziativa  proposta dall’Ass. Ascoli Piceno Festival era quella che prevedeva un rapporto fecondo tra immagine e musica , partendo in un primo momento dalla rivisitazione di eventi filmici e di altre forme di immagine in cui la musica sia stato l’ elemento caratterizzante, mediante l’organizzazione di Rassegne a tema con la proiezione, in ambienti pregiati della città, delle pellicole e di queste immagini con la contestuale esecuzione dal vivo dei brani musicali dedicati a questi prodotti artistici. Per arrivare, nel tempo, alla organizzazione di un Festival dedicato al Cinema Musicale, rassegna  che a quanto pare non   risulta ancora organizzato in alcun luogo.

Altre iniziative da dedicare alla Musica sono quelle dei Concerti in Villa, nei Palazzi Storici, nelle Chiese meno conosciute con un fascino nascosto e coinvolgente.

Insomma far diventare la Città il luogo della musica consentirebbe di qualificare la sua immagine in maniera  straordinaria , senza dover necessariamente destinare alle iniziative programmate somme eccessive e comunque con una programmazione degli eventi tale di adattare la realizzazione ai fondi man mano disponibili.

Un'altra iniziativa che rientra nella tipologia degli eventi in cui la musica è legata ad altre forme di espressioni artistiche è quella che la SEZIONE di  Italia Nostra indicò col il termine  di “ Rime e Note” e che prevedeva la rivisitazione di tutta la poesia italiana , a partire  da quella del 1200 con la declamazione dei componenti poetici in luoghi pieni di fascino ( piazze, chiese, palazzi etc)  con la contemporanea esecuzione di brani musicali adatti al contenuto del testi poetici.

Insomma di proposte se ne possono formulare tante. Si tratta solo di fare una scelta di innovazione e di individuare le modalità più efficaci per dare avvio a questo rivoluzionario processo. Il tutto se si vuole veramente utilizzare la cosiddetta opzione culturale per cambiare definitivamente l’immagine della città ed avviare finalmente quel processo di sviluppo che a parole tutti dicono di volere ma che all’atto pratico nessuno favorisce realmente.

Naturalmente non vanno dimenticate le manifestazioni che da sempre rappresentano una tradizione consolidata e che richiamano un numero notevole di visitatori. Ci si riferisce  in particolare al Torneo della Quintana e al Carnevale in Piazza. Anche in questo caso non sarebbe inopportuno prevedere, peraltro, delle manifestazioni di contorno di spessore culturale più elevato che possano dare un più importante rilievo e una maggiore visibilità agli eventi programmati( Mostre e concerti a tema, rappresentazioni teatrali etc;).

Il sistema residenziale e l’enogastronomia.

Rimane da fare qualche considerazione  riguardo all’aspetto pratico della presenza delle strutture residenziali di accoglienza, dei luoghi di ristoro e delle attività commerciali presenti nel territorio che possano, in maniera innovativa, essere un elemento di supporto alla avvio di questa nuova dinamica.

Come già accennato nel corso della relazione, Ascoli , pur avendo negli ultimi tempi, visto un certo incremento della consistenza della propria struttura  residenziale di accoglienza, non è ancora in grado di rispondere adeguatamente ad eventuali forti richieste di  gruppi numerosi di visitatori provenienti da fuori. Da una parte manca attualmente una struttura alberghiera  in grado di ospitare  dei gruppi numerosi, assicurando in pari tempo luoghi per il pernottamento, servizi di ristorazione ed eventualmente tutti gli altri servizi che il mondo del turismo organizzato di qualità richiede vengano forniti in maniera sempre più  precisa.

Oltre tutto questi servizi dovrebbero essere forniti, proprio per distinguersi dalle offerte indifferenziate ed anonime, utilizzando le tante costruzioni di pregio che pure sono presenti nel centro storico e che invece si ritiene di utilizzare magari per creare delle strutture , pur necessarie, da destinare per ospitare le categorie sociali meno fortunate.

Così si ritiene di utilizzare l’edificio più imponente della città, il famoso Palazzo Sgariglia, ricco di saloni affrescati, di ambienti eleganti, di una struttura architettonica di raro pregio, per stravolgerne la forma ed ridurlo alla funzione, pure nobile nelle intenzioni ma abominevole nelle risultati, di un susseguirsi di mini appartamenti anonimi, senza personalità, insignificanti.

E’ proprio vero che ben altro avrebbe meritato la memoria degli Sgariglia e che tanti benefattori ben altro avrebbe meritato dalla città.

L’accenno fatto dal Prof. Cervellati alla presenza dei Palazzi Nobiliari nel tessuto urbano come uno dei valori , insieme a quello della campagna e dei sistemi fluviali, su cui basare un’ipotesi di sviluppo della città, riteniamo che debba essere inteso nel senso di una utilizzazione intelligente, produttiva ed adeguata al loro  valore storico , architettonico a al loro pregio e non di una anonima e senza significato.

Un discorso a parte va fatto per le strutture già esistenti. Specie alcune rispondono a quei criteri di autenticità, di pregevole legame con i valori che un lunga civiltà ha sedimentato nell’immagine della città. Così alberghi  e  B&B, Agriturismi di charme sono sorti numerosi negli ultimi tempi. Altri ne dovranno sorgere. Peraltro si dovrà avere la capacità di mettere in rete tutte queste strutture, di farle diventare un qualcosa la cui offerta viene percepita come frutto di una concorde volontà di affermare e proporre la immagine di tutta la città e del territorio.

Un altro settore che potrebbe contribuire alla fornitura di servizi innovativi nel campo  di una offerta di residenza di qualità è quella che si riferisce alla utilizzazione in rete della tante case coloniche presenti nel territorio, che  ora in genere vengono acquistate  da stranieri e diventano un luogo che si chiude in un  recinto di separatezza, che si chiami Chianti Schare o in  altro modo.

Queste case coloniche invece andrebbero recuperate  e messe in rete  per farle diventare un enorme Albergo diffuso presente negli angoli più fascinosi della campagna picena, strutture da utilizzare tutto l’anno, da offrire alla fruizione di quel turismo di qualità che si va affermando in maniera sempre si dirompente in tutto il mondo del benessere e della qualità della vita, del giusto e del pulito.

Anche il settore della ristorazione e dell’enogastronomia dovrebbe dare delle risposte più adeguate a questa richiesta di autenticità ed innovazione. E, quindi, locali non anonimi. Riscoperta delle autentiche tradizioni eno-gastronomiche del territorio, capacità di innovazione e di adeguamento dell’offerta ai gusti sempre più sofisticati di una clientela più esigente e non rozza.

Il sistema del commercio e il centro commerciale naturale.

Un accenno al sistema commerciale cittadino appare opportuno a questo punto.  Che il commercio specie del centro storico soffra di una crisi sempre più grave e conclamata è un fenomeno sotto gli occhi di tutti.

L’apertura di sempre nuovi Centri Commerciali, i cosiddetti non.-luoghi, che ormai da tutti i lati circondano  la città in un abbraccio quasi mortale, il numero sempre minore di abitanti che occupano gli edifici imponenti del centro storico, abitanti peraltro molto in là nell’età e quindi non particolarmente disponibili a forme di consumo rilevanti, la mancata capacità di adeguare la propria offerta alle sfide di un commercio sempre più difficile che richiede invece da parte degli operatori una innovativa attitudine alla specializzazione spinta o alla creazione di una immagine unica dei luoghi dove si esercita l’attività commerciale, tutto ciò contribuisse ad accentuare la situazione di crisi.

Quali proposte fare?

Come ripetutamente fatto presente, la prima risposta è quella del blocco  di una qualsiasi forma di espansione edilizia ulteriore e della utilizzazione piena di tutto il patrimonio edilizio esistente, di cui andranno favoriti la riqualificazione e il recupero, anche con premialità di ordine fiscale. Portare il numero degli abitanti  del centro storico dalle attuali 7000 unità, per giunta di età avanzata, ad almeno il doppio, darebbe sicuramente un po’ di respiro all’asfittica attività commerciale.

Rivivrebbero così i vecchi negozi, le cui saracinesche appaiono sempre di più abbassate e tornerebbero a vivere anche i tanti bar che cercano di sopravvivere con offerte di servizi che attraggono un numero sempre minore di utenti.

Senza dimenticare al riguardo l’impoverimento che distingue queste offerta dal punto di vista della forma ed immagine dei locali che offrono questi servizi: infissi anonimi e locali freddi e senz’anima, scomparsa di quei pochi locali che ancora conservavano le forme e  i colori e i materiali di un’antica civiltà. Così dopo la scomparsa del pregevole Caffè Sestili, di cui purtroppo Italia Nostra non ha potuto salvaguardare l’integrità e senza che da chi di dovere sia giunto almeno un segnale di interesse alla questione, rimangono solo due locali con segni di questa antica civiltà: il Caffè Meletti e il Caffè Petrillo. Quando finalmente anche questi due locali , e c’è da scommetterci, saranno soggetti a questa furia iconoclasta tutti saremo contenti di avere finalmente annientato la nostra memoria storica: e poi forse qualcuno si lamenterà, ma sarà ormai troppo tardi.

Sarebbe  interessante fare una visita a Lucca, per tanti aspetti  simile ad Ascoli ed ammirare gli antichi negozi, le vecchie vetrine, i banconi tradizionali in legno, i vetri istoriati, i pavimenti in legno e fare un paragone con  quello che è accaduto da noi.

Sarebbe interessante esporre le foto di quella che era Ascoli prima di questa immane distruzione e fare un paragone. Forse, chissà qualche momento di resipiscenza potrebbe accendere un minimo  segno di pentimento e farci vergognare della nostra colpevole insensibilità. Rimane da  formulare un’ultima considerazione su quello che si potrebbe fare per rendere più attrattivo il sistema commerciale del centro storico.

Per dare una risposta a questa richiesta si è ritenuto di affermare che solo facendo diventare tutto il centro Storico un Centro Commerciale Naturale, potrebbe finalmente avviarsi un processo di reale rivitalizzazione del commercio.

La proposta non è priva di aspetti positivi .Ma bisogna intendersi su cosa si vuol indicare con questa affermazione. Si tratta di mettere in rete vari negozi che offrono i servizi e le merci anonime dei Centri Commerciali tradizionali,oppure si intende specializzare il Centro con offerte di qualità differenziate rispetto alle offerte anonime e dozzinali dei Centri Commerciali?

Se la scelta è questa , la risposta che si può dare non può essere che positiva.

D’altra parte si deve ricordare che l’Amministrazione di Ascoli aveva in qualche modo dato avvio ad un esperimento del  genere, quando si studiò la possibilità di allocare nella Zona di San Tommaso laboratori artigianali, provenienti da tutta Italia ( vetrai di Murano, ceramisti di Vietri sul Mare, etc.). Insomma questi artigiani artisti avrebbero dovuto lasciare le loro città di origine e a loro spese spostare la loro attività in una località distante e senza una immagine già affermata per promuovere la loro immagine già abbondantemente affermata nel loro luogo di residenza. Naturalmente  l’iniziativa si è rilevata   un sostanziale fallimento.

Se ciò è vero, si deve peraltro convenire sulla validità dell’intuizione. Infatti se si vuole veramente rendere attrattive le varie zone del centro storico, si dovrà necessariamente utilizzarle in maniera simile a quelle con cui vengono utilizzati i vari settori merceologici di un Centro Commerciale, dove mai e poi mai si commetterebbe l’errore di presentare i prodotti in maniera indistinta in una confusione di offerta senza ne capo ne coda.

Ci saranno, pertanto, gli scaffali dove si espongono i formaggi, quelli dove si offriranno al godimento della vista le bibite, i banchi frigo con il latte e il burro , il banco del pesce e così via.

Lo stesso criterio si dovrà utilizzare per il Centro se si vorrà effettivamente renderlo uno spazio pregiato, attrattivo, qualificato ed unico per il contesto monumentale del  sito fruito.

D’altra parte non è che si inventerebbe niente di nuovo. Era quello che già avveniva nelle nostre città medioevali dove c’erano le strade dei calazaioli, degli orefici, dei ceramisti etc.

Così per tornare alla situazione di Ascoli si è pensato mai a quale impatto promozionale positivo si produrrebbe sull’immagine della città se si destinasse una zona o una via del centro storico all’esposizione dei prodotti dei tanti ceramisti che operano in città, invece di vedere dispersa i loro prodotti negli angoli più disparati della città? E analogamente quale effetto positivo si produrrebbe se si destinasse una via della città, e in parte questo sta già avvenendo spontaneamente in Rua delle Canterine,  agli studi dei pittori, ai laboratori fotografici, alle Gallerie d’Arte?

Analoghe soluzione si dovrebbero adottare per l’esposizione delle tipicità del territorio, per le oreficerie, per le forme artigianali ancora presenti o da riattivare .

Evidentemente  per raggiungere questo obiettivo, non si potrà sperare  né richiedere che le regole vangano imposte in maniera coattiva dall’ amministrazione comunale. Sarà sufficiente svolgere un’azione intelligente di coordinamento, di indirizzo, e utilizzando la leva delle premialità fiscali e dell’erogazione di contributi e sostegni di vario genere per favorire l’avvio di questo rivoluzionario processo.

D’altra parte è sperabile che gli stessi imprenditori , commercianti ed artigiani in maniera autonoma comprendano la virtuosità di questo percorso e ne favoriscano il successo.

La gestione del processo: una Spa,  Pubblico- Privata,  o una Fondazione.

Riamane da affrontare un ultimo problema.

Chi potrà mai dare avvio a questo programma rivoluzionario?

Evidentemente il primo soggetto che  dovrà convincersi della bontà della proposta, sarà l’Amministrazione Comunale cittadina.

Se questa non si convince della bontà del progetto, non si potrà che prendere atto della decisione e rimandare il tutto aspettando un futuro più illuminato.

Se invece la risposta dovesse essere positiva, andrebbero individuate le strutture operative per gestire questo impegnativo processo.

Attesa l’inopportunità di farlo gestire dall’apparato burocratico del comune per gli evidenti e ben comprensibili motivi che sarebbe troppo lungo elencare, rimangono due soluzioni.

O si crea una Società per Azioni Pubblico- Privata , partecipata dall’Ente Pubblico Locale , dalle Associazioni, dai Privati, così come è avvenuto per la Gestione del Distretto Culturale della Val di Cornia in Toscana o si crea una Fondazione, con un adeguato capitale iniziale, che in maniera non burocratica gestisce il processo sapendo quali sono i reali obiettivi che sono da conseguire e che rappresentano la ragione della sua costituzione.

Si tratta forse di un progetto utopico che forse mai si realizzerà. In sua vece rimangono i tanti tentativi raffazzonati, episodici, talvolta insignificanti, che tante risorse hanno consumato, senza che  mai si sia dato avvio a quel processo di cambiamento e sviluppo  che a parole tutti desiderano ed auspicano.

La promozione.

A parte conviene accennare alle modalità da seguire per  promuovere in maniera efficace, intelligente e moderna i valori, le eccellenze  delle Risorse Culturali che caratterizzano e giustificano la proposta del Distretto Culturale delle Terre della Primavera Sacra, partendo dagli 8 Parchi Culturali ed Ambientali, che rappresentano un aspetto particolare del Progetto Distretto, e che potrebbero più facilmente essere realizzati.

E’ evidente l’opportunità di far ricorso agli strumenti di comunicazione più innovativi, riducendo al minino il ricorso ai materiali cartacei, costosi, inquinanti e facilmente deperibili.

Da qui l’esigenza della realizzazione di un fantastico data base multimediale , con testi, immagini, video, audio guide e ricostruzioni 3D, collegato a un portale interattivo per scoprire i tesori culturali, anche quelli più nascosti e minimi, del centro storico ascolano, delle sue chiese, delle torri, dei reperti archeologici,  delle piazze e delle chiese, degli orti murati, delle opere custodite nei Musei, oltre che del paesaggio e dei valori degli altri Parchi, dai sistemi fluviali alle terre dei calanchi, dal percorso degli eremi e Colle San Marco, alle Terre del Tartufo, dal Sistema delle Ville Nobiliari ai sentieri dell’area montana, dai Monti della Laga ai Sibillini, dal Sistema collinare Piceno sino ai lidi della Verde Riviera delle Palme.

Almeno la realizzazione di questo fondamentale Data-base multimediale poteva essere compresa in uno dei Progetti  presentati, magari dal Cup piceno o da Tecno Marche o dall’Università, per partecipare al Bando della Regione Marche per  il Distretto Culturale Evoluto.

Comunque il coinvolgimento nella realizzazione di questo fantastico data-base di giovani intelligenze e professionalità, creando all’uopo eventualmente una start.up , potrebbe essere, per il futuro,  il modo migliore per avviare questo fantastico processo.

La Sezione di Italia Nostra, priva di risorse economiche, parteciperebbe al progetto con le sue conoscenze , la sua passione e l’amore per il territorio.

Considerazioni finali.           

 A questo punto appare opportuno far presente che le proposte  per gli altri otto  parchi sono in corso di elaborazione.

In realtà  la Proposta  per il Parco Culturale ed Ambientale della Nuova Montagna dei Fiori è stata completata con una relazione di grande valore e per certi aspetti veramente avveniristica da un gruppo di lavoro coordinato dall’Ing.Stefano Odoardi.

La relazione può essere consultata  alla voce:Nuova Montagna dei Fiori.

Nel frattempo sono stati approfonditi anche le problematiche connesse ai Parchi Culturali ed Ambientali dei Sistemi Fluviali del Piceno  e a quello del Monte dell’Ascensione, anche se in questi due casi i territori coinvolti nelle proposte non fanno parte interamente dell’ ambito territoriale del Comune di Ascoli..

E’ evidente che la valorizzazione della città delle cento torri  dovrà tenere conto anche di questi due Parchi, di cui in realtà generalmente si disconosce il valore e il pregio.

 Nell’ elaborazione di queste Proposte  la Sezione di Italia Nostra, notoriamente e per statuto non collegata o aderente ad alcun Partito Politico, svolge un’opera di vera e propria supplenza, convinta della necessità di elaborare strategie efficaci per far uscire dall’isolamento il nostro territorio e per permettere l’avvio di un processo efficace di valorizzazione sistemica di tutte le Testimonianze di Civiltà delle Territorio e delle sue pregiate Risorse  nel rispettivo di  quattro principi irrinunciabili  e cioè:. Tutela  attiva, Conservazione, Responsabile fruizione e Generazione di Nuova Cultura per la Società della Conoscenza, della Creatività, della Innovazione dell’equità e della Tolleranza.

La Sezione  è pronta  ad un confronto con chiunque mostri interesse per queste problematiche per fornire una collaborazione del tutto disinteressata e volta semplicemente ed unicamente a promuovere  l’avvio di un processo di sviluppo responsabile e  sistemico del nostro territorio e della città..

Il Presidente della Sezione

Prof. Gaetano Rinaldi   

 
        

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