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ASCOLI, POLITO: “IL DESTINO NELLE NOSTRE MANI”

ASCOLI, POLITO: “IL DESTINO NELLE NOSTRE MANI”

Il direttore sportivo dell'Ascoli, Ciro Polito, a 360 gradi fra vita e calcio su “Passione Ascoli Magazine”. Questi alcuni passi essenziali della lunga intervista: “Ho sempre giocato in porta. Per forza. Nella mia comitiva, nel quartiere di Poggioreale a Napoli, ero il più piccolo. Non avevo scelta. Da bambino nessuno vuole fare il portiere perché per stare in porta dovevi essere un po’ matto. Ci buttavamo sulle pietre, mica come oggi... In generale i portieri devono avere qualcosa di “strano”, in campo sei solo contro tutti e poi ti deve piacere il rischio. Sono stato uno scugnizzo, diciamo che non sono mai stato bambino, sempre più grande della mia età…Volevo anche fare il fantino. Il cavallo era una passione di famiglia, papà Vicenzo era bravo, ma non gareggiava a livello professionistico; avevamo un cavallo e mi aveva insegnato il trotto. Nonostante abbia 42 anni, dico che erano altri tempi. Io facevo l’autostop per andare all’allenamento. Quando giocavo nelle giovanili della Salernitana e non potevo fare il biglietto del treno per la tratta Napoli-Salerno, mi nascondevo in bagno per eludere i controlli. Sono esperienze che ti portano ad avere qualcosa in più nei momenti di difficoltà. Il calcio è cambiato. Prima giocavamo per strada, mettevamo la maglietta a terra per delimitare le porte. Oggi i ragazzi stanno davanti alla playstation. I ragazzi sono troppo tutelati, diventa sempre peggio. Mia moglie Arianna è stata fondamentale, mi ha sempre seguito, anche i miei figli, Vincenzo, che ha 22 anni e gioca con la Casertana, e Alessia che studia. Quando hai una moglie che ti supporta sempre è tutto più semplice. Anche oggi cerchiamo sempre di vederci e stare insieme. Ad Ascoli vivo in hotel e spesso vengono a trovarmi. E poi fra due mesi diventerò nonno a 42 anni. Da calciatore non soffrivo la gara, la vivevo tranquillamente. Ora da direttore sportivo quando comincia la partita entro in ansia. Non potendo incidere o sfogare l’adrenalina sul camposoffro due volte. A Lecce e Ferrara, ad esempio, non sono riuscito a vedere la partita fino alla fine. A Lecce ero in tribuna con mister Sottil, squalificato. A un quarto d’ora dalla fine mi ha detto di essersi girato e di non avermi più trovato. Ero a camminare per Lecce. Ho tanti amici nel calcio, De Zerbi è uno di questi, ha giocato con me ad Avellino e a Catania insieme anche a Sottil. Un altro grande amico è Caserta, mi ha fatto iniziare a fare il ds a Castellammare e io ho iniziato a farlo allenare. Poi ci sono Paolo Bianco, nello staff di De Zerbi, Matteo Brighi, Paolo Cannavaro e Gennaro Sardo. Col tempo un legame fortissimo l’ho instaurato con Fabrizio Lorieri, una bandiera ad Ascoli. L’ho avuto come allenatore e ora siamo molto amici, spesso in estate sono a casa sua. All’Atalanta avevo ottimi rapporti con Percassi e il figlio, ma non sono il tipo che chiama i presidenti, ero stato lì tre anni, mi sono sempre comportato bene. Fra i tecnici mi sento con mister Marino.. Poi c’è Gigi Giorgi. Ho giocato con lui a Bergamo e mi ha sempre parlato dell’Ascoli. Ci sono quei giocatori che hanno una fede da tifosi e lui è uno di questi. Quando sono arrivato ad Ascoli ho pensato subito a Gigi e ora è un nostro collaboratore della squadra Primavera. Con patron Pulcinelli ho un rapporto molto diretto, è una persona d’animo e di bontà, un gentleman. Vive il calcio con grandissima passione, si pone sempre obiettivi ambiziosi, ma quelli raggiunti non sono stati in linea con quanto ha investito, meriterebbe qualcosa di più. Penso che uomini come lui, che mettono soldi e non fanno mancare nulla, vadano tenuti stretti. Ascoli è una piazza che può stare in A, lo dice la storia, qui si lavora bene, c’è una passione viscerale nei confronti di questi colori. E’ incredibile, ho giocato in tantissime piazze calorose ma nessuna come questa. A Bergamo i tifosi fanno il tifo dentro allo stadio, ma in città non ti ferma nessuno. A Catania c’è sì passione, ma quello che ho visto qui non l’ho visto in nessun altro posto. Mi riconoscono e mi fermano, nonostante non sia un calciatore. Questo fa capire che in condizioni normali, con gli stadi aperti, avremmo avuto il dodicesimo uomo garantito. La salvezza è un miracolo per come si era messa la stagione, fino a qualche tempo fa in tanti non credevano più nell’Ascoli. Chiedete a Dionisi quanto si è sentito stimolato e affascinato dalla sfida di Ascoli, forse dirà che lo è stato più che vincere un campionato. E siccome si sono messi in una posizione di vantaggio, devono dare il 200% per mantenere il margine. Il destino è nelle nostre mani, mentre fino a poco tempo fa dipendeva dagli altri".

 

 
        

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