L’uomo ritenuto responsabile del gravissimo gesto che ha provocato l’amputazione di una falange di un dito ad una servitrice dello Stato, sarebbe stato dichiarato incapace di intendere e di volere
Secondo quanto riportato da una testata giornalistica locale, l’uomo ritenuto responsabile del gravissimo gesto che ha provocato l’amputazione di una falange di un dito ad una servitrice dello Stato, sarebbe stato dichiarato incapace di intendere e di volere. La valutazione deriva da una perizia disposta dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Ascoli Piceno.
Se tale diagnosi dovesse essere confermata, l’autore del fatto potrebbe evitare un processo penale, o comunque non essere ritenuto penalmente imputabile per i reati contestati.
Pur senza volerci sostituire agli esperti incaricati, non possiamo ignorare che, da elementi oggettivi e documentati, anche attraverso immagini, emergano comportamenti che lasciano trasparire una condotta lucida e determinata fino al momento della reazione che ha portato al ferimento della collega. Tali evidenze sollevano legittimi interrogativi sulla reale sussistenza di una totale incapacità di intendere e di volere dell’autore del grave fatto.
Questo episodio mette in luce una questione particolarmente sensibile del nostro ordinamento: il difficile equilibrio tra il diritto alla salute mentale, le garanzie dell’imputato e il bisogno di giustizia delle vittime. L’istituto dell’incapacità penale rappresenta un principio fondamentale del diritto moderno, ma la sua applicazione concreta, specie in casi così gravi, richiede massima trasparenza, rigore e responsabilità.
Il tema di una profonda riforma del sistema penale e processuale non è nuovo, ma oggi si fa ancora più pressante per chi ogni giorno serve lo Stato, spesso esponendosi a rischi enormi. Tuttavia, è indispensabile che ogni riflessione resti saldamente ancorata ai valori costituzionali e allo Stato di diritto, evitando scorciatoie emotive o spinte repressive che rischiano di compromettere l’equilibrio tra sicurezza pubblica e diritti fondamentali.
Con pieno rispetto per l’operato di chi sarà chiamato a giudicare, ci auguriamo che venga fatta luce su ogni aspetto di quanto accaduto quella sera, affinché la giustizia possa essere esercitata nella sua forma più alta: quella che coniuga rigore, umanità e verità
Il Segretario Provinciale
Massimiliano d’Eramo