/IL VESCOVO D'ERCOLE: "PASQUA CON CAMPANE A FESTA A MEZZOGIORNO"
IL VESCOVO D'ERCOLE: "PASQUA CON CAMPANE A FESTA A MEZZOGIORNO"
IL VESCOVO D'ERCOLE: "PASQUA CON CAMPANE A FESTA A MEZZOGIORNO"
Questo il messaggio del vescovo di Ascoli, monsignor Giovanni D'Ercole, in occasione della Pasqua:
“TESTA IN ALTO CON LO SGUARDO LONTANO”
Campane a festa: il suono a distesa delle campane di tutte le chiese della diocesi in concerto prolungato segnerà la nostra Pasqua 2020
di Giovanni D’Ercole
Buona Pasqua! Buona e santa Pasqua a voi tutti cari sacerdoti e diaconi. Domani mattina quando celebrate la Santa Messa con i vostri parrocchiani trasmettete a tutti il mio augurio più caro e sincero. Ricordate anche di fare quanto ora preciso: alle ore 12 le campane di tutte le chiese suonino lungamente a distesa come segno Pasquale e ci uniremo tutti con Papa Francesco per la benedizione urbi et orbi. Sarà il segno della nostra unione con lui. Ricordate infine l’appuntamento delle ore 17.40 con il vescovo per il Rosario e la Santa Messa della sera di Pasqua. A tutti un cordiale augurio per questa santa Pasqua del tutto singolare e dalle connotazioni inedite sotto molti punti di vista. Certamente è un periodo difficile con sofferenze impreviste e previsioni di fine pandemia non ancora sicuramente ipotizzabili. Si guarda al futuro con apprensione e si cerca di vincere l’impatto emotivo con il COVID 19 favorendo in tutti i modi occasioni di solidarietà. Siamo separati e obbligati a vivere per lunghi periodi (non eravamo certamente abituati) nelle nostre case, in un isolamento forzato che comincia a farsi assai pesante da supportare. Eppure, mai come oggi, sento la spinta interiore ad augurare a tutti con affetto: buona Pasqua! Anzi, una santa Pasqua!
Quest’anno infatti mi sembra di sentire più forte il saluto del Risorto ai discepoli impauriti, e la sua parola mai come ora risuona come invito alla fiducia, perché la Pasqua possa ancora una volta risplendere in pienezza di luce, di vita e di amore.
“Sfolgora il sole di Pasqua”: così canta un antico inno liturgico, ma sembra che questo sole faccia molta fatica a sfolgorare dentro di noi, nel cuore della nostra società ferita, dentro anche la nostra comunità ecclesiale sparsa nelle famiglie e impossibilitata a riunirsi tutta insieme come in passato nelle nostre chiese parrocchiali.
Quello di quest’anno è senza dubbio un Triduo di Pasqua molto diverso rispetto agli anni precedenti. Un Triduo tutto vissuto in tono più familiare e dimesso. Tutto in ascolto perché ad emergere sia la potenza silenziosa della Parola. Durante questo triduo ho cercato di far scoprire il senso della Pasqua vissuto in famiglia con gesti che permettessero a tutti di unirsi alle celebrazioni che ho presieduto dalla Cappella dell’Episcopio: il pane, il catino e l’acqua il Giovedì Santo, la croce il Venerdì Santo e la lanterna durante la Veglia Pasquale.
Il Venerdì Santo è un giorno di totale silenzio; un silenzio che a prima vista non sembra contemplazione della Beatitudine, ma smarrimento del cuore nell’inquietudine della morte. È il silenzio di chi pare esausto avendo sperimentato realtà che non avrebbe voluto mai conoscere; è lo smarrimento di chi è sopraffatto da eventi che non avrebbe mai voluto vivere. Insomma, in qualche modo è il silenzio di chi è atterrito dall’accaduto. Risuona la parola di Dio: “Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere”.
Quando ci si compromette con ciò che si crede, si paga salato il prezzo; ed è una perdita specie davanti agli occhi degli altri. Che fare in queste situazioni inedite? “Testa in alto con lo sguardo lontano” amava ripetere il Cardinale Loris Capovilla, segretario di Giovanni XXIII. Le immagini che i media ci presentano sono la testimonianza di un mondo sofferente con i volti sfigurati di tanti medici e infermieri che in questi giorni, più di altri, appaiono a noi “senza bellezza esteriore”, ma con quell’irresistibile attrazione di chi da’ la vita per il prossimo. E accanto a loro il ricordo dei molti sacerdoti, religiosi e religiose, oltre centocinquanta, che sono morti stroncati a causa o con il coronavirus. Non pochi hanno preferito morire al posto di altri, e sempre tutti pronti a offrire se stessi per il gregge loro affidato. Il Venerdì Santo, quest’anno, ci vedrà impegnati in una “Via Crucis” di martiri moderni, che cioè anche oggi rendono attuale il messaggio di Cristo con il sacrificio delle loro esistenze.
Nel dolore di questi giorni, in un apparente fallimento di tante speranze, incontriamo Cristo Crocifisso e Risorto. Dio non abita solo le giornate quando tutto sembra andare bene. Egli riempie della sua pace e della sua gioia pure gli angoli oscuri della vita degli uomini, specialmente di chi è senza apparente futuro. E in questa prospettiva, ciò che a prima vista sembra solo un fallimento, diventa il luogo imprevisto della presenza di Cristo. Se pertanto trovi il coraggio di non perdere la fiducia nell’immediato, riesci a spezzare il muro dello scoraggiamento per aprire lo spirito a una nuova prospettiva di speranza. La passione di Cristo c’insegna che la vittoria passa sempre attraverso la prova della battaglia e di momentanee sconfitte.
Gesù, con la sua risurrezione, mostra che non solo non dobbiamo avere paura di perdere, ma dobbiamo avere il coraggio di perdere; perdere con Lui e alla sua maniera. Perdere con fiducia, rischiando di abbandonarsi nelle mani di Dio, Padre misericordioso che a volte puoi anche sentire lontano, incomprensibile. L’uomo di oggi, segnato dal male e dalla tristezza, incrocia “Dio in agguato” a ogni svolta ed angolo della giornata. E così, l’uomo sfigurato dalla crisi del COVID19, è chiamato a diventare l’uomo trasfigurato. Pasqua, sia giorno di luce che vince il buio della tristezza e della morte.
In questa Pasqua sento forte risuonare nel cuore le parole di Gesù sul punto di morire in croce: “In manus tuas”, nelle Tue mani, Padre, rimetto lo spirito. Con Te, Signore della vita, ci abbandoniamo nelle mani del Padre celeste. A Dio consegniamo tutto, consegniamo ciò che siamo, la nostra vita, i nostri smarrimenti. E da quest’abbandono riprende il nostro cammino, il nostro passaggio, la nostra Pasqua, Pasqua di risurrezione.
Proprio in tale prospettiva, la Pasqua illumina le nostre incertezze e le nostre paure; divien rassicurazione per noi che siamo tentati dal demone dello scoraggiamento. Si apra allora il cuore alla gioia della Pasqua; facciamolo con responsabile consapevolezza, certi che la vita vince la morte e ci spinge a farci responsabili di un nuovo futuro, animato dal coraggio di ricominciare pazientemente a ricostruire l’esistenza d’ogni giorno.
“Testa in alto con lo sguardo lontano”. Guardiamo lontano e camminiamo uniti: Cristo risorgendo vince per sempre il potere della morte. Pasqua è allora il segno d’una uscita forzata dal sepolcro ormai vuoto, segno del potere definitive di Cristo sul male fisico e morale; ma è anche di conseguenza impegno rinnovato per ridare vigore a ogni nostro gesto quotidiano riempito d’empato di vita. Sia così, cari amici, per tutti: per le famiglie che presto – me lo auguro – tornino ad essere libere; per le comunità parrocchiali che speriamo possano presto riprendere a riunirsi nelle nostre chiese. Per tutti sia una Pasqua di forte incoraggiamento ad amare la vita che trionfa sulla morte. Sentiamo in questa Pasqua la presenza del Risorto che dona pace al cuore, speranza a ogni attesa di bene. Sia questa Pasqua 2020 fonte di rinnovato entusiasmo e insperato splendore per la nostra fede, troppo spesso tentata dalla paura del presente e del futuro. Buona e santa Pasqua a tutti! “Testa in alto con lo sguardo lontano".
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