LA SPERANZA NASCE DALLA FEDE NEL BAMBINO DI BETLEMME
La speranza vera non si trova a “buona mercato”, tanto da sembrare ai più una merce rara. Soprattutto per chi, come il popolo del territorio ascolano, ne ha viste di tutti i colori: crisi economica, terremoto e pandemia.
In questi casi, le belle parole, più che aiutare, irritano, perché sembrano appese al vuoto, o al massimo alla ritualità delle frasi augurali di circostanza.
Per questo è stato così bello, in questo tempo di Avvento, udire parole di speranza dalle labbra di alcune persone che, tra mille possibili, sono state intervistate da Radio Ascoli alla ricerca di messaggi di Natale. Ad ascoltarle, nel video, si ha l’impressione di trovarsi davanti ad un tessuto delicato e prezioso, come i veli antichi che custodivano le ossa dei nostri santi e che ancora adesso sembrano raccontare quell’attesa di vita nuova ed eterna che Gesù ha effuso nel loro e nel nostro cuore.
Come Maria Grazia, che finalmente è rientrata nella sua casa, e che ci invita con enfasi a non perdere mai la speranza, e a credere nella possibilità di una rinascita; o come Domenico: non se la passa troppo bene, ma il Natale gli ricorda quella valigia di valori preziosi insegnatigli dai suoi genitori e dai suoi nonni, e che egli porta sempre con sé e dai cui estrae le risorse necessarie ad affrontare i momenti difficili della vita.
Ma le parole che mi hanno commosso di più, perché sono piene di una speranza “sofferta”, sono quelle raccolte da don Alessio, il cappellano del carcere, tra i detenuti dell’Alta Sicurezza: per noi, che non potremo rivedere i nostri cari a Natale per colpa della pandemia, l’attesa scava profondamente dentro l’intimo; ci spinge a ripensare a ciò che conta nella vita, agli anni che abbiamo perso, e tutto questo brucia e purifica il cuore, lasciandovi dentro un dono di valore inestimabile: la speranza.
Si, perché la speranza non è l’ottimismo. Possiamo essere persone ottimiste per carattere, o perché nella vita ci è andata abbastanza bene, o per ingenuità. Ma questo non dura.
La speranza invece ha un fondamento solido, che non viene meno: nasce dalla fede nel Bambino di Betlemme. E’ radicata nella convinzione che Dio è entrato nella storia umana ed è disceso in tutti i baratri dell’uomo, per riportarlo alla luce. E’ come un’àncora, che tiene ben legata alla terraferma la nave della nostra esistenza pur in mezzo alle tempeste e ai mari contrari. L’immagine è presa dalla lettera agli Ebrei: la speranza nell’adempimento delle promesse di Dio fatte ad Abramo è “come un’àncora sicura e salda per la nostra vita” e per quella di tutta la Chiesa (Eb 6,18-19). Ruffino d'Aquileia (345-410) scriveva: "Come il navigante quando si alza la tempesta getta l'ancora, così noi se abbiamo l'ancora della speranza fissa in Dio, non ci spaventeremo di fronte a qualsiasi tempesta del mondo".
Ecco perché quelle frasi sulle labbra dei nostri amici intervistati. Tutti hanno raccontato che la nascita di Gesù ha insegnato loro a sperare. Una virtù donata dallo Spirito Santo, lo sappiamo bene, un miracolo della grazia, che non si spiega da sé. Come Abramo e Sara: “sperarono contro ogni speranza”, ci dice san Paolo, vale a dire: sperarono davvero, per dono di Dio, anche quando tutte le apparenze remavano contro e non accontentandosi di speranze facili e apparenti.
In fondo il segreto ce l’ha raccontato Virgilia di casa S.Marta. Quello che tutti siamo chiamati a fare, a Natale, è accogliere Gesù; “che ho da dire di più?”, ci ripeteva lei. E ha ragione.
In fondo la vera speranza, sostenuta dallo Spirito e nutrita dall’ascolto della Parola di Dio, non viene meno con le difficoltà ma si rafforza. Come il bambino che cammina da poco: cade e si rialza, ma giorno dopo giorno diventa sempre più saldo sulle sue gambe.
Dio si fa bambino e si mette nelle nostre braccia; Lui si fida ancora di noi, ha speranza (Lui, la speranza!) che apriremo il nostro cuore e lo accoglieremo. In questo modo potrà mettersi a servizio della nostra speranza, per sostenerla, come dall’interno.
Grazie ai nostri amici e alle parole che ci hanno detto. Ancora una volta sono i piccoli e i poveri che ci insegnano, con la loro fede. I poveri, scriveva Bernanos, poiché mangiano ogni giorno dalla mano di Dio, custodiscono il segreto della speranza, come le operaie di Bruges custodiscono il segreto dei loro preziosissimi merletti, che nessuna macchina potrà mai imitare.
Ecco di che materiale sono fatti gli antichi teli di Ascoli: della speranza degli uomini e delle donne di questa Diocesi. E’ qui il segreto del Natale.
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