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PMIA, ROBERTO GALANTI E IL DISCORSO DI CICERONE NEL 63 A.C.

PMIA, ROBERTO GALANTI E IL DISCORSO DI CICERONE NEL 63 A.C.

FINO A CHE PUNTO?

Rpberto GALANTI: <Mi è capitato di leggere in un blog, un discorso di Cicerone che ritengo, per certi versi, attualissimo e che vi presento non nella forma integrale, ma tale da immaginarlo come un vestito su misura che può essere indossato da chi, leggendolo, se lo sente sulla propria  pelle.

Evito i commenti che lascio alla vostra  fantasia.  Vuoi vedere che forse l’antico discorso è la fotografia di certe situazioni italiane e che, tutto sommato, nulla è cambiato da quel  63 A.C?

L’8 novembre del 63 a.C., anno cruciale per la storia di Roma, il Console Cicerone pronunciò un discorso, davanti al Senato riunito nel tempio di Giove Statore, e che manifesta  il clima di grande tensione dell’assemblea, agitata e inquieta per il precipitare della situazione politica ed eccitata dalla presenza di Catilina.

Ne ripropongo qui un estratto lasciando a voi l’ispirazione per la sua adattabilità nell’affrontare la realtà.

“Quo usque tandem (fino a che punto) approfitterai della nostra pazienza? Per quanto tempo ancora la tua pazzia si farà beffe di noi? A che limiti si spingerà la tua temerarietà che ha rotto i freni? Non ti hanno turbato l’espressione e il volto dei presenti? Non ti accorgi che il tuo piano è stato scoperto? Non vedi che tutti sono a conoscenza della tua congiura, o ti illudi che qualcuno di noi la ignori?

Noi dovremo continuare a sopportarti, smanioso di potere e di distruggere il mondo intero?

Allo Stato non mancano né l’intelligenza né la fermezza dell’ordine.

Nulla di quanto fai, ordisci, mediti, sfugge alle mie orecchie e ai miei occhi, tanto meno alla mia mente e capirai subito che sono più risoluto io nel vegliare sulla sicurezza dello Stato che tu sulla sua rovina.

Senatori, sono qui in mezzo a noi, in questa assemblea che è la più sacra, la più autorevole del paese, individui che meditano contro di noi e mi rivolgo al loro capo.

Hai diviso il paese  tra i tuoi; hai stabilito la destinazione di ciascuno; hai scelto chi lasciare al Governo e chi condurre con te.

Le porte sono aperte. Vattene! Porta via anche tutti i tuoi. Purifica la città! Mi sentirò più libero quando ci sarà un muro tra me e te. Non puoi più stare in mezzo a noi! Non intendo sopportarti, tollerarti.

Tutte le volte che hai sferrato un colpo contro di me, l’ho parato con le mie forze: ma ormai attacchi apertamente tutto lo Stato; vuoi portare alla totale distruzione il Governo e la vita di tutti i cittadini, del paese intero.

Se tu, come ti esorto da tempo, te ne andrai, la città si libererà dei tuoi numerosi e infami complici, fogna dello Stato che aderiscono alla tua congiura.

Non oso parlare della tua condotta privata, delle tue operazioni finanziarie, che sentirai pesarti addosso alla prossima scadenza dei debiti. Vengo piuttosto a fatti che riguardano gli interessi superiori dello Stato.

Non concludi nulla, non ottieni nulla, eppure non desisti dal tentare e dal volere la rovina delle istituzioni.

Dimmi: che vita è adesso la tua? “>

…..mi fermo qui. Buona lettura!
        

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