/CONFINDUSTRIA, WORKSHOP IMPRESA + SVILUPPO + PICENO
CONFINDUSTRIA, WORKSHOP IMPRESA + SVILUPPO + PICENO
CONFINDUSTRIA, WORKSHOP IMPRESA + SVILUPPO + PICENO
Intervento del Presidente di Confindustria Simone Mariani:
Autorità, Signore e Signori, Colleghe e Colleghi, porgo a ciascuno di voi il più caloroso benvenuto al Workshop:
+ Impresa, + Sviluppo, + Piceno, organizzato da Confindustria Ascoli Piceno con il contributo prezioso di Camera di Commercio e Monte dei Paschi di Siena.
Ringrazio sentitamente le autorità presenti e saluto in rappresentanza di tutti il nuovo prefetto di Ascoli Piceno la dott.ssa Rita Stentella.
Un ringraziamento particolare a sua eccellenza Mons. Giovanni D’Ercole, che oltre ad essere guida spirituale della comunità, dimostra costantemente vicinanza ai problemi dell’impresa e dei lavoratori.
Oggi voglio pormi e porre a tutti voi una domanda:
può un territorio ed una collettività come la nostra decidere di attuare una vera strategia di sviluppo?
Ovvero ha i mezzi e le qualità per incidere marcatamente sul percorso di ripresa della crescita o è tutto rimesso alle azioni dei governi regionale, centrale e sovranazionale?
Per capirlo è necessario verificare l'influenza delle “condizioni” legate al territorio sulla competitività delle imprese in esso ubicate.
Le imprese non sono monadi isolate e la loro competitività non è solo il risultato di ciò che avviene “dentro i cancelli” delle fabbriche.
Esse interagiscono con il territorio e se il “sistema esterno” non è amico delle imprese, la loro competitività ne risente profondamente.
E’ dunque dovere della politica e degli amministratori locali, impegnarsi per rendere più attrattive e “business friendly” le aree territoriali di propria competenza.
D’altro canto, l'atteggiamento di molti, a volte anche degli imprenditori, è quello di chi è rassegnato ad attendere che “chi di dovere” faccia ciò che si deve per uscire dalla crisi.
Dobbiamo combattere tale atteggiamento mentale. Giochiamo di anticipo, giochiamo tutti!
Ci sono spazi nei quali i soggetti che hanno un ruolo, politico, amministrativo, economico, finanziario e sociale, sul territorio possono con le loro iniziative ed atti concreti, contribuire a determinare le condizioni di sviluppo.
Il territorio diventa così luogo di sintesi di forze diverse, dove amministratori della cosa pubblica e privati possono cercare di rendere più favorevole l’insediamento e la crescita delle imprese.
Certo è che per incidere in maniera forte sulla competitività, il sistema locale deve essere in grado di entrare in presa diretta con le dinamiche globali.
Un problema sostanziale dell'economia italiana, ed anche del Piceno, è la mancata crescita della produttività.
l’Italia ha mostrato una dinamica della produttività molto più bassa rispetto agli altri grandi paesi europei:
+10,9% la variazione cumulata tra 2000 e 2014, contro il +31,5% in Germania, il +41,3% in Francia e il +40,0% in Spagna.
La produttività in Italia ristagna da oltre venti anni.
Senza l’interruzione di questo lungo sonno non sarà possibile dare un futuro migliore al nostro Paese.
Questo concetto è stato ricordato a tutti dal rapporto della Commissione europea Juncker che, a fine 2015, si riferisce all'Italia come paese i cui problemi sono collegati all'insufficiente crescita della produttività.
Ciò determina un rallentamento nelle prospettive di crescita, rendendo più difficile la riduzione dell'indebitamento pubblico.
Dati storici e prospettive ci dicono che siamo il paese, tra quelli più industrializzati, con la più bassa produttività.
La produttività è certamente influenzata da elementi importantissimi quali, le relazioni industriali, il mercato del lavoro, la politica fiscale, la politica monetaria e gli investimenti.
Citando le parole di Luca Ricolfi, dovremmo però porre maggiore attenzione nel ricordare che la produttività è fortemente influenzata dal complesso delle esternalità, delle condizioni collaterali e di contesto, che rendono possibile una vita economica fluida e dinamica:
una burocrazia efficiente e non pervasiva, una giustizia civile veloce, norme chiare e facili da applicare, adempimenti snelli e non troppo numerosi, poteri amministrativi ben delimitati, percorsi autorizzativi lineari, ragionevole stabilità delle leggi e dei regolamenti, tempi certi per aprire un'attività, o anche semplicemente per ottenere un allacciamento telefonico.
Ma anche: investimenti pubblici in infrastrutture materiali e immateriali, sostegno alla ricerca, valorizzazione della conoscenza (a partire da scuola e università).
Ebbene, tutto questo è mancato, e forse la sua mancanza ha fatto più danni alla dinamica della produttività di quanti ne abbiano fatti gli altri innumerevoli fattori sempre evocati.
Un capitolo a parte merita, per l’importanza che ricopre, il tema Agenda digitale che il Prof. Carnevale Maffè affronterà nel corso del pomeriggio, evidenziando il contributo determinante che l’Agenda digitale potrà dare al recupero di produttività del sistema Paese.
Non a caso di parla spesso di Rivoluzione Digitale, per dare sostanza alle implicazioni che la tecnologia ed internet avranno nella vita del cittadino e dello Stato.
Efficacissimo il messaggio che Carnevale Maffè lancia: “L’agenda digitale non serve per rendere più efficienti i processi tradizionali, serve a renderli inutili.
Inutili perché superati da nuovi modelli di scambio informativo.
L’agenda digitale non può ridursi a creare una versione PDF dei vecchi moduli da compilare, ma deve invece far materializzare nuovi processi organizzativi.
L’ICT è la più importante leva, potenzialmente a costo zero, oggi disponibile a un Governo per l’aumento della produttività del lavoro e del capitale, siano essi pubblici o privati.”
Torniamo al tema iniziale, al rapporto tra gli attori del sistema economico locale e produttività/sviluppo.
Almeno tre sono gli stakeholders di riferimento: la politica, i sindacati e le banche.
Con la politica intendiamo dialogare, evitando che questa faccia prevalere una visione strettamente locale a caccia del massimo consenso immediato, su una visione strategica che deve avere un orizzonte ben più ampio.
Oggi la presenza dei sindaci di alcune delle aree più industrializzate del nostro territorio offre l'opportunità di riattivare un percorso di collaborazione creando un legame stretto tra le esigenze delle imprese e la volontà di effettivo servizio degli addetti alle funzioni pubbliche, attraverso il quale si possa realizzare il miglior funzionamento della macchina pubblica e creazione di benessere economico-sociale.
In questa direzione va l’accordo sottoscritto il mese scorso tra Confindustria ed il sindaco Stracci, che per primo ha risposto all’appello da noi lanciato a margine del riconoscimento dell’area di crisi complessa, per la concessione triennale di agevolazioni per le imprese che si insedieranno nel Comune di Monteprandone.
Al sindaco Castelli va riconosciuto il merito di aver avviato iniziative simili negli anni passati, ci auguriamo che voglia oggi stesso confermare la disponibilità a riattivare misure agevolative nei confronti delle imprese per il prossimo futuro.
Al Sindacato, anch'esso oggi presente, vorrei dire che relazioni sindacali moderne costituiscono un asset strategico per l'attrattività del territorio al pari delle infrastrutture, della buona amministrazione e della qualità dei servizi.
Attualmente l'esercizio delle relazioni sindacali è percepito come un ostacolo alla gestione delle imprese e alla loro competitività.
Tutto quanto sta intorno alle relazioni sindacali appare ormai una liturgia vecchia ed improduttiva e il non esserne partecipi è considerato un vantaggio da molti.
Al netto del dilagante populismo, dobbiamo porci una domanda a tal proposito: le procedure scritte e non scritte, la prassi, l'abitudine e forse l'assuefazione ai confronti minuziosi, spesso cervellotici, aiutano lo sviluppo?
Se la risposta alla domanda precedente è, come noi riteniamo, negativa, è necessario spostare il confronto su un piano più strategico – non politico – che ci consenta come parti sociali di acquisire il ruolo di Agenti dello sviluppo.
Se riusciremo a ribaltare il paradigma delle relazioni sindacali, oggi considerate inutile intralcio e non un'opportunità di sviluppo per le imprese e per l’economia, avremo realmente creato valore aggiunto per il nostro territorio.
Ma agli amici del sindacato dico: facciamo presto!
La flessibilità, e quindi la capacità di adattarsi ai rapidi mutamenti della realtà, è condizione ormai imprescindibile, non solo per tornare ad essere competitivi sui mercati, ma anche per la semplice sopravvivenza delle imprese.
Essa andrebbe declinata nelle sue svariate accezioni: flessibilità nel ridurre o aumentare il numero dei lavoratori; nel ridurre o aumentare le ore impiegate; nella riorganizzazione dei lavoratori su diverse mansioni, in diversi luoghi, e per diversi tipi di lavoro: infine nel rendere i salari più reattivi rispetto all'andamento della produttività.
Per ottenere ciò si rende necessario arrivare ad accordi-quadro territoriali che costituiscono un riferimento per le imprese che intendono avvalersene, bypassando tempi e liturgie di una negoziazione aziendale.
Ben inteso, non si tratta di fare passi indietro sui diritti!
Ma di riconoscere che alcuni “comfort”, alcune prassi, non sono più sostenibili.
A queste condizioni la ritrovata voglia di investire, accertata in occasione della “chiamata alle armi” per la richiesta di riconoscimento di “area di crisi industriale complessa” al Mise, può essere esaltata, diffusa e trasmessa anche ad investitori “esterni” al nostro territorio per favorire nuovi insediamenti produttivi.
Last, but not least, il tema della finanza e del credito.
Sulla questione dell'accesso al credito, qualsiasi riflessione deve fondarsi su un dato inequivocabile che meglio e più di altri caratterizza oggi il nostro sistema bancario.
Le banche italiane hanno una grande massa di prestiti deteriorati.
Le sofferenze sono salite a 143 miliardi a fine 2015 (18,3% dei prestiti alle imprese), da 25 miliardi a fine 2008 (2,9%).
Ciò ha reso gli istituti particolarmente prudenti e sta frenando l’erogazione di nuovo credito, quindi, la crescita economica dell’Italia.
L'attuale situazione del sistema bancario italiano e la struttura finanziaria delle nostre imprese rendono indispensabile e quanto mai urgente favorire l’utilizzo di nuovi strumenti alternativi al credito bancario.
Mi riferisco in particolare ad un ruolo crescente del circuito del capitale di rischio con i fondi di private equity e di venture capital che non possono più avere un ruolo marginale e ad un utilizzo più diffuso dei minibond e cioè
delle obbligazioni emesse dalle imprese.
Un dato su tutti.
I titoli obbligazionari rappresentano solo il 9% dei debiti finanziari delle imprese italiane, contro il 23% della Francia, il 30% del Regno Unito e il 50% degli Stati Uniti.
Alcune Regioni, come la Lombardia, hanno già sviluppato dei progetti finalizzati a facilitare la diversificazione delle fonti finanziarie a disposizione delle imprese.
Sarebbe importante valutare la possibilità di estendere questa esperienza anche nella regione Marche.
In conclusione, l’Accordo di programma per il Piceno che dovrà essere sottoscritto a fine anno da ben 4 Ministeri è una occasione storica per il nostro territorio, una scintilla che può far ripartire la macchina della nostra economia e darci un pieno di fiducia per un futuro migliore.
In questa direzione l'offerta localizzativa che verrà definita dovrà essere il più possibile completa, vantaggiosa e convincente.
Per questo motivo, proporrò di inserire nell'Accordo di programma - anche al fine di drenare risorse finanziarie aggiuntive – la presenza nel Piceno di due nuovi distretti, collegati ad altrettanti driver di sviluppo per il nostro territorio.
Mi riferisco al turismo e alle energie rinnovabili.
E' notizia di ieri l'inserimento nel nuovo Piano energetico ambientale regionale (Pear) del distretto Piceno dell'Energia, considerata dalla Regione Marche, "una buona pratica da sostenere, replicare e diffondere sull’intero territorio regionale, al fine di fornire un sostegno qualificato alla crescita delle imprese in termini di innovazione e competitività".
Un ringraziamento all’amico imprenditore e velista, Giovanni Cimini per la determinazione con cui in questi anni ha lavorato su tale progettualità, anche quando i venti soffiavano in direzione contraria.
Inoltre, proprio in queste ore la Regione Marche sta provvedendo ad inoltrare al Ministero del Turismo la richiesta di costituzione del più vasto Distretto turistico marchigiano - promosso dalla nostra Associazione - che sotto il nome di “Marche Picene” riunisce ben 38 Comuni marchigiani di cui 32 localizzati in Provincia di Ascoli Piceno.
Ringrazio il presidente della sezione turismo Matteo di Sabatino e della sezione sanità Simone Ferraioli per l’impegno e la passione profuse in questo progetto e nella vita associativa.
Amici, Colleghi, Autorità, i fatti lo dimostrano: noi continuiamo a credere nell’Italia e negli imprenditori.
Siamo orgogliosi di esserlo.
Lavoreremo ancora senza preconcetti e senza pregiudizi, consapevoli che le nostre proposte potrebbero essere migliorate.
Aspetteremo le alternative, affronteremo le critiche, ma esigeremo il confronto perché il confronto è l’anima della democrazia.*
Come dice George Bernard Shaw:
“L’immaginazione è l’inizio della creazione.
Le persone immaginano quello che desiderano,
poi vogliono quello che immaginano
e alla fine creano quello che vogliono”.
Noi immaginiamo e desideriamo un’Europa più unita, un’Italia più ricca, un Piceno migliore.
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