Abbiamo introdotto le prime nozioni per osservare nel cielo i sette corpi del sistema solare visibili a occhio nudo dalla Terra (Sole, Mercurio, Venere, Luna, Marte, Giove e Saturno) e abbiamo visto come stelle e costellazioni siano immutabili nella loro posizione reciproca, una vera carta geografica del cielo. In mezzo alle stelle, invece, questi corpi del sistema solare si muovono, e sono stati chiamati per questo nell’antichità ‘pianeti’ (dal greco: ‘erranti’). Accade come quando si viaggia in auto o in treno: gli oggetti vicini sfrecciano, quelli un po’ più lontani si muovono lentamente, quelli lontanissimi (montagne, nuvole) solo dopo ore ci appaiono spostati. Così è per il cielo. La Luna, il corpo celeste più vicino a noi, si sposta nel cielo tra le stelle, da una notte alla successiva, di dodici gradi (lo spazio di cielo coperto da un palmo a braccio teso); Marte di pochi gradi; Giove e Saturno si spostano solo dopo settimane. E le stelle... niente. Stanno sempre nella stessa posizione. Perché la loro distanza è semplicemente mostruosa, difficile da immaginare. Basti pensare che la luce percorre 300.000 chilometri al secondo (quindi più di un miliardo di chilometri l’ora) e che per raggiungere la stella più vicina impiega quattro anni e mezzo!.
Per riuscire a immaginare questo abisso spaventoso di spazio, che isola tutt’intorno il Sole e il sistema solare, bisogna crearsi un modello mentale in miniatura. Immaginare un sistema solare rimpiccolito al punto che il Sole (diametro un milione e mezzo di chilometri) sia come la punta di una biro (un millimetro) e l’intero sistema solare occupi quindi una piccola stanza (circa tre metri). In questo modello la stella a noi più vicina (Proxima Centauri) sarebbe un’altra minuscola pallina, ma non fuori della stanza, non lontano dalla casa, non subito fuori della città, ma a trenta chilometri! E in mezzo, in ogni direzione, niente. Si stenta a crederlo. Eppure la luce del Sole impiega otto minuti ad arrivare sulla Terra, quella di Proxima Centauri quasi quattro anni e mezzo! Trecentomila volte di più.
Visto così, il cielo ci dimostra una profondità incredibile e le stelle diventano un fondale remoto, rispetto ai corpi del sistema solare che stanno qui intorno a noi, alla porta di casa. Ecco perciò che per avere la sensazione della profondità del cielo bisogna imparare a distinguere questo vicino e questo lontano. Giove e Saturno, che abbiamo imparato a riconoscere nel cielo la volta scorsa, sono vicini, anche se a miliardi di chilometri, mentre le stelle sono così lontane che, anche se inquadrate nel più potente dei telescopi, rimangono un punto luminoso e basta. Ma un punto luminoso capace di farci arrivare la sua radiazione, nonostante la distanza abissale che ci divide.
Abbiamo parlato della stella più vicina al Sole. E le altre? Ce ne sono a distanza di decine di anni luce, centinaia di anni luce, migliaia di anni luce, perché il sistema di stelle di cui il Sole fa parte, la galassia Via Lattea, è un disco di stelle che ha un diametro di centomila anni luce. Il Sole occupa una posizione a metà strada dal centro (28.000 anni luce). E la Via Lattea, quella tenue striscia luminosa che attraversa il cielo, visibile ormai soltanto nei cieli limpidi di montagna, non è altro che la luce di miriadi di stelle lontanissime, tutte posizionate, come il Sole, sul piano del disco.
Il concetto di ‘galassia’ è molto recente. Soltanto nel 1924 si capì che l’universo non è costituito interamente dalle stelle che vediamo in cielo. Queste sono solo le più vicine della galassia che ci ospita. Strumenti sempre più potenti hanno rivelato che nell’universo ci sono miliardi di galassie, ognuna fatta di stelle disposte tra loro come abbiamo cercato di illustrare, galassie ridotte nei vecchi telescopi dall’enorme distanza come batuffoli di luce sul cui significato si è lungamente dibattuto, ma che nessuno avrebbe osato immaginare come isole di stelle ben fuori della nostra ‘isola’.
Ma le distanze interposte tra le galassie, in proporzione alla loro grandezza, non possono competere con la distanza tra le stelle all’interno di una galassia. Pensare a due stelle vicine (palline di un millimetro divise da trenta chilometri) non può essere paragonato a due galassie divise soltanto da venti volte il loro diametro, come accade alla nostra Via Lattea rispetto alla ‘vicina’ galassia di Andromeda. Tant’è vero, che due galassie che si ‘scontrano’ (ci sono nel cielo diversi simili avvenimenti visibili con i telescopi) non provocano affatto il cataclisma che si potrebbe immaginare. Incrociandosi le galassie insieme alle loro stelle, che probabilità ci può essere che una pallina da un millimetro si scontri con un’altra simile, se le dividono trenta chilometri di vuoto? Praticamente nessuna. L’unico effetto sarà lo sconvolgimento di strutture ordinate per effetto di maree gravitazionali. Ma nessuno scontro tra stelle. La verità è che questi trenta chilometri di vuoto in realtà vuoti non sono. Ne riparleremo.
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