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MARIA STELLA ORIGLIA: "QUALE SANITA’ PER LE MARCHE POST COVID"

MARIA STELLA ORIGLIA: "QUALE SANITA’ PER LE MARCHE POST COVID"

Maria Stella ORIGLIA: <Non vi è alcun dubbio che l’emergenza covid19 ha messo a dura prova il sistema sanitario nazionale che, per quanto sia stato in affanno, specie in aree concentrate nel centro-nord, ha fornito risposte eccezionali soprattutto in termini di dedizione e senso di responsabilità da parte del personale medico e paramedico. Questa brutta stagione, dalla quale tuttavia non siamo ancora usciti, deve far riflettere i decisori politici e coloro che si accingono a rivestire ruoli importanti nella nuova compagine dell’ amministrazione regionale. Anche per le Marche occorre rivedere i programmi che attengono alle politiche sanitarie, attraverso un forte impegno nel settore che più incide sulle competenze del bilancio della Regione.

Sicuramente occorre investire in azioni che potenzino la sanità pubbica, attraverso programmi e progetti che insistano sui fondi dedicati che l’Europa metterà a disposizione (vedi MES).

Tali progetti di investimento devono essere accompagnati e guidati dalla necessità di prevedere quali siano le reali esigenze della popolazione in ordine ad una adeguata prevenzione, resa strutturale e monitorata dalla medicina di base, individuando le categorie di screening non in base a modelli organizzativi o economici, bensì in base a dati scientifici.

 La scienza medica dovrebbe suggerire quali siano le categorie di intervento da potenziare, mentre la politica ha il compito di individuare gli interventi normativi che mettano in campo scelte efficaci, coraggiose, economicamente importanti: non vi è dubbio che la popolazione lamenta mancanza di personale medico e infermieristico che, per tali modelli organizzativi, è sottoposto a turnazioni estenuanti, vista l’esigenza di dover ricoprire servizi essenziali h24.

Italia Viva, anche a livello nazionale ha più volte suggerito che sarebbe urgente ad esempio utilizzare i fondi del MES per potenziare i pronto soccorso in tutta la nazione; è urgente ripensare ad un Piano Socio Sanitario che olisticamente e in modo integrato tenga conto delle caratteristiche della popolazione di riferimento, delle strutture attualmente distribuite sul territorio regionale, garantendo equità e appropriatezza di cure in tutte le aree, da quelle montane a quelle costiere, passando per i centri urbani più popolosi. Un piano sanitario che tenga conto delle percorrenze e degli assetti infrastrutturali esistenti e da potenziare; più che concentrare il dibattito sulle strutture da edificare, occorre finalmente concentrare l’impegno sulle strumentazioni a disposizione del personale medico, sulle professionalità attualmente in forza al sistema, sulla valorizzazione di risorse professionali, sul potenziamento della ricerca e sull’innovazione.

Attulmente gli ospedali locali servono per gli interventi medici e chirurgici tempo-dipendenti ( infarto del miocardio->angioplastica ecc; ictus cerebrale->trombolisi ecc). Gli interventi programmabili, in elezione, si possono anche fare in strutture centralizzate dove l’elevato numero di casi operati, aumenta il grado di affidabilità e successo dell’intervento stesso.  Gli ospedali locali devono avere area critica e PS efficienti con quantità di personale specializzato . Le liste di attesa potrebbero essere decongestionate attraverso una incentivazione del personale dipendente del SSN ( medici, tecnici, infermieri) , piuttosto che optare per convenzioni con strutture private.

La medicina sul territorio è l’altro settore da rivisitare anche pensando a forme e modelli consorziati per decongestionare gli afflussi nelle strutture ospedaliere di urgenza; sarebbe fondamentale per potenziare il servizio l’attivazione della figura dell’infermiere di famiglia, da affiancare al medico di medicina generale.

Senza dubbio l’attuale assetto sanitario risponde a dispositivi normativi che a livello centrale hanno determinato bacini di utenza, livelli di strutture, determinazione di personale medico, procedure carrieristiche ecc. Il decreto Balduzzi (dm70) sicuramente non favorisce le esigenze di un territorio come quello della Regione Marche che complessivamente conta poco più di un milione e mezzo di abitanti, più o meno come una grande città italiana: la garanzia della salute pubblica, sancità dalla costituzione, non può soggiacere al numero di abitanti che insistono in un determinato territorio.

La Sanità pubblica italiana, tanto apprezzata all’estero, deve innanzi tutto tutelare i cittadini e il servizio sanitario deve essere con i medici e non contro i medici!>

        

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